Nato ben diciannove anni fa, il Sexto ‘Nplugged è diventato ormai una realtà molto apprezzata sia in Italia che all’estero, regalando ogni anno una programmazione sempre variegata e interessante che si abbina perfettamente con la magia di un luogo come Piazza Castello a Sesto Al Reghena (PN). Anche la nuova edizione dimostra il grande valore di questo festival proponendo Cosmo (3 luglio), Toni Ann (4 luglio), A Toys Orchestra e Marta Del Grandi (5 luglio), Bdrmm e Jadu Heart (6 luglio) e Slowdive e I Hate My Village (7 luglio). A parte il concerto del 5 luglio, che è a ingresso libero, i biglietti per gli altri live si trovano su ‘Ticketmaster.it‘ e su ‘Ticketone.it‘. Noi di Indieforbunnies.com abbiamo voluto parlare del programma del 2024, ma anche della storia del festival con il gentilissimo Fabio Bortosso, uno dei fondatori del Sexto ‘Nplugged, che abbiamo contattato telefonicamente qualche settimana fa. Ecco cosa ci ha raccontato:
Buongiorno Fabio, grazie per il tempo che ci sta dedicando. Complimenti per la nuova edizione di Sexto Nplugged, davvero bella e interessante. Cosa ci puo’ raccontare del vostro festival?
Una volta era più una rassegna, quindi erano date sparse per l’estate tra luglio e massimo la prima settimana di agosto. Dopo il Covid, anche per strutturare meglio tutto il complesso, facciamo quattro o cinque serate, ma tutte di seguito. – c’è piazza Castello dove si tengono i concerti e poi c’è un’arena adiacente che è dietro a un palazzo storico e lì c’è un’altra piazzola dove abbiamo creato l’area lounge; è un’area pre e post concerto a ingresso gratuito dove ci sono installazioni d’arte, ci sono food & drink con prodotti di qualità e a chilometro zero, e dj esclusivamente donne. E’ uno spazio che si puo’ usufruire prima e anche dopo i live. Dopo il concerto quasi tutti gli artisti lo scorso anno hanno passato la serata lì, dai King Hannah ai Dry Cleaning e ai Verdena. Il pubblico ovviamente era molto felice. Avere un posto così ti permette di interagire molto con il pubblico e questa è una cosa molto positiva. Sesto è un borgo e quindi dobbiamo costruire questa struttura, così abbiamo lavorato in modo da concentrare le date.
E’ davvero una bella iniziativa. A livello personale la seguo da molti anni sia per il sito che scrivo che per quelli dove scrivevo prima.
Sono già diciannove anni che esiste. Inizialmente chiedevamo all’artista di rivedere il suo palinsesto in modo da renderlo consono a essere suonato all’interno di un ambiente come l’abbazia, che è comunque architettonico e sacro. All’inizio gli artisti manipolavano il loro set con l’aggiunta di fiati o di archi, anche se comunque erano elettrici, per cercare di avere un prodotto che si potesse amalgamare maggiormente con il luogo. Nel 2008 o 2009, quando il festival ha cominciato ad affermarsi, si è passati a una seconda fase, con le scelte che andavano bene senza essere cambiate perché erano già poste nel modo giusto. Non abbiamo più chiesto quel tipo di performance, ma abbiamo trovato artisti che secondo noi potevano stare in un posto così. Ed è stata una scelta che ha ripagato nel corso degli anni.
Ho visto tanti artisti e band che sono passati a suonare da voi e credo che abbiate sempre avuto ottime proposte. Anche il livello di quest’anno è davvero molto buono anche per quanto riguarda gli artisti italiani.
Abbiamo fatto una scelta. In tanti anni non aabbiamo mai avuto tanti italiani, ma quest’anno abbiamo gli I Hate My Village, una delle band più amate del panorama indipendente italiano, che ha appena pubblicato un nuovo album, e poi gli A Toys Orchestra, che sono una conferma. Poi c’è anche Marta Del Grandi che è il simbolo del nuovo che avanza: lei è riconosciuta in Italia, ma soprattutto all’estero. Noi cerchiamo sempre nel panorama indipendente italiano e se abbiamo la possibilità portiamo gli artisti a suonare da noi. Daniela Pes, per esempio, è venuta a suonare a Sesto due anni fa. Adesso noi facciamo anche un altro festival che si chiama Convergenze. E’ a circa cinque chilometri da Sesto, è su un borgo dove c’è una torre vedetta dell’abbazia. E’ una giornata all’insegna dell’ecosostenibilità e lì abbiamo fatto artisti italiani come appunto Daniela Pes o Alessandro Baris. Esiste solo da due anni, ma – per quel che riusciamo – vorremmo dargli un po’ più di spessore per dare un posto a quella musica emergente italiana. E comunque si aggancia al nome di un festival che credo che sia riconosciuto e sia un simbolo di garanzia.
Sì, assolutamente e anche la line-up di quest’anno lo dimostra.
Credo che gli Slowdive siano un gran nome e faranno l’accoppiata con gli I Hate My Village. Non sarà uno che apre per gli altri, ma saranno due concerti. Una bella serata sarà anche quella del sabato con i BDRMM e i Jadu Heart.
I BDRMM li ho visti al Covo Club di Bologna a febbraio e mi hanno davvero impressionato.
Sì, c’ero anch’io e confermo. I Jadu Heart, invece, arrivano in Italia per la prima volta e sono una bella scoperta. Siamo davvero molto soddisfatti anche di avere Cosmo, un musicista che lega il cantautorato con l’elettronica. Un’altra sfaccettatura della musica italiana e un artista di tutto rispetto. Vogliamo farlo conoscere anche a un pubblico nuovo. Abbiamo visto che gente che ha preso il biglietto per Cosmo verrà anche ad altre serate come agli Slowdive. Fare anche Tony Ann, questo musicista classico che, attraverso i social è riuscito a spaziare nel mondo più giovanile. E’ anche un modo per aprire le porta a nuove generazioni che hanno comunque bisogno di un fattore culturale musicale.
Personalmente non lo conosco, ma penso che possa essere una prova interessante da fare.
Io sono andato a vederlo a Padova. Credo che all’interno del nostro contesto ci possa stare molto bene perché ha un modo di interpretare la musica e il cantautorato che ha una forma di modernità che difficilmente possiamo trovare in Italia. E’ un modo per legare un pubblico nuovo a un genere musicale che magari è meno conosciuto.
Gli Slowdive, invece, sono un nome davvero importante e nell’ultimo tour hanno venduto tanto.
Sì, le date italiane sono andate tutte sold-out. Loro sono grandiosi, sono in giro da 30 anni ed è un gruppo che è comunque in un certo senso a reinventarsi. Hanno fatto davvero un gran lavoro e noi siamo davvero fortunati ad averli nella nostra piazza quest’anno. Sono convinto che anche loro rimarranno soddisfatti perché il posto e magico e tutti gli artisti che sono passati di lì lo hanno riconosciuto e i risultati si sono visti anche a livello di performance. Gli stessi artisti ci dicono: “oggi abbiamo dato qualcosa in più“.
Ne sono convinto perché si uniscono due parti dell’arte come la musica e l’architettura ed è una combo davvero significativa.
Mi ricordo quando suonarono da noi gli Air, una decina di anni fa. Dei nostri amici sono grandi fan e li avevano già visti una trentina di volte in precedenza e ovviamente sono venuti anche a Sesto e mi hanno detto che, nonostante li avessero visti tante volte, la performance al Sexto Nplugged era stata la migliore di tutte. E anche gli Air stessi erano emozionati dal luogo. L’artista da noi è attaccato al pubblico e sente il suo calore e questo è sicuramente un valore aggiunto per il nostro festival.
Ci puo’ raccontare come è nato questo progetto diciannove anni fa? Ci sono già idee per il prossimo anno per festeggiare il ventennale?
Ancora no, per il momento pensiamo a questa edizione. Purtroppo non è il nostro lavoro, facciamo altro nella vita, anche se comunque c’è una struttura di professiornisti che lavorano che gestisce il festival. La Culturale Sexto con gli anni è diventata un’associazione talmente grossa che non puoi più gestirla a livello di volontariato. Il Sexto nasce dalle ceneri di un festival che si teneva nella stessa location e che si chiamava “Estate Musicale”. Erano passati nomi importanti anche della musica classica come Uto Ughi o Astor Piazzolla. Con gli anni ’90 le cose hanno iniziato a cambiare. Quando eravamo ragazzini e facevamo parte della proloco abbiamo cercato di dare un po’ una sterzata. Abbiamo chiamato Battiato, che ha fatto un concerto incredibile insieme all’Orchestra Italiana nel ’94 a supporto di “Cafe De La Paix”. Poi sono passati i Madre Deus, Fossati, Finardi, Vinicio Capossela. Abbiamo cercato di creare un’alternativa. C’erano anche concerti di musica classica e il balletto: non era roba da poco, però andava bene a generazioni che c’erano prima di noi. Noi che venivamo dopo volevamo sperimentare qualcosa di diverso e da lì nasce l’idea di creare questo format, “quando il luogo determina la musica”. Abbiamo fatto per esempio i Charlatans. Erano in due più una piccola orchestra di archi. Ai tempi le band ci mandavano gli spartiti e i musicisti locali si studiavano le loro parti, l’artista arrivava il giorno prima dello show, provavano insieme per un giorno o poco più e poi facevano il concerto. Siamo partiti in questo modo e abbiamo ottenuto grandi soddisfazioni. Poi abbiamo voluto osare di più e cercare dei gruppi che stessero nel luogo come potevano essere gli Air o anche Jonathan Davis. Abbiamo cercato un format che fosse più consono in quella situazione ambientale. Siamo riusciti a spaziare chiamando gente come Interpol, Mogwai, St. Vincent, Einstuerzende Neubauten, Teho Teardo. Inizialmente eravamo un gruppo di amici che volevano fare qualcosa di nuovo. Siamo stati ispirati anche dal Ferrara Sotto Le Stelle, anche se loro hanno degli spazi diversi e meno vincoli rispetto alla nostra situazione, visto che noi eravamo sul cortile di un’abbazia. Siamo contenti dei risultati ottenuti e anche quest’anno siamo riusciti a chiudere una bella programmazione.