Finalmente qualcosa di realmente originale fuoriesce dall’underground americano. Nulla di sconvolgente, intendiamoci. Ma i Farseek, seppur fortemente legati agli stilemi tradizionali dell’emo, dell’alt rock ’90s radio-friendly e del pop punk più “intelligente” (Jeff Rosenstock e The World Is A Beautiful Place & I Am No Longer Afraid To Die sono tra le loro influenze), provano realmente a differenziarsi dalla massa.
E come lo fanno, vi chiederete voi? Ma è presto detto: introducendo nel loro sound non molto “rivoluzionario” degli strumenti a dir poco atipici per il genere: il banjo e i fiati, presenti in maniera costante nei dodici brani di “Who Can Start The Fires?”.
Una scelta anomala e coraggiosa da parte di Cameron Harrison e compagni, autori di una prova solida e matura che ci dimostra quanta importanza possano avere gli arrangiamenti giusti nel dar maggior sostanza a canzoni non sempre ispiratissime. Come già detto, la base di partenza dei Farseek non rappresenta nulla di sconvolgente: trattasi di un emo rock di ottima fattura, potente e a tratti persino maestoso, sulla falsariga dei maestri …And You Will Know Us By The Trail Of Dead.
A far davvero la differenza è tutto quel che ruota attorno al nocciolo dei brani. Un’orchestra vivace e vibrante che dà colori sempre diversi alle composizioni dei Farseek, bravi cesellatori di armonie e melodie estremamente evocative. La musica della band statunitense è un vortice di gioia, malinconia e nostalgia; un viaggio nel cuore della migliore tradizione emo nella versione di una specie di jam band che, fregandosene allegramente dei Grateful Dead, ha preferito seguire l’esempio dei Sunny Day Real Estate. Album molto interessante.