Porta con sé lustri e lustri di Sicilia Carmen Consoli, e stavolta apparecchia di fiori, sole ed arance la meravigliosa tavola dell’Anfiteatro Romano di Fiesole.
Lo fa con le sue note e le sue parole, magiche ed eleganti venature del suo repertorio più consolidato, ma omaggia la sua Terra anche prendendo in prestito i capolavori della storica cantastorie sicula Rosa Balistreri, mai celata musa ispiratrice (“Rosa Canta e Cunta” e “Bottana de to mà”) o del Maestro Franco Battiato e il suo amore ai tempi della guerra dipinto in “Stranizza d’amuri”.
Ma la pittrice, stasera, é la Consoli: acustica in braccio, accompagnata dai soffi del violino alle sue spalle, tratteggia paesaggi umani, ora sofferti, ora commossi, sempre autentici. Autentici come lei, autentica poetessa dal cuore folk-rock dei nostri anni.
Parole e note: spesso secche come la terra sicula nei giorni di estate, ma che come quella terra riescono comunque a dare frutti così rari da essere merce rara per gusto e qualità. A tratti, unica. La “Terra ca nun senti”.
Mostra anche muscoli ed artigli (“Geisha” su tutte), ma é con i grandi classici che scalda appieno il pubblico, che a sua volta ha riempito ogni centimetro possibile: il trittico finale di “In Bianco e Nero”, “Parole di Burro” e “Venere” non é una chiusura, ma apre al saluto accorrato della sua gente, presa per mano, con musica e parole, tra impressioni visive e riflessioni che non vogliono tempo.