Credit: Daniel Topete

Ho sentito più e più volte dire quanto sia fondamentale vedere prima o poi un concerto degli Idles, per un motivo o per un altro: bene, è arrivata l’ora di verificarlo al Flowers Festival di Collegno. Più una rassegna che un festival in senso stretto, fortunatamente facile da raggiungere, con l’acqua gratis facilmente reperibile e soprattutto senza gli stramaledetti token, ma comunque più una rassegna che un festival. Considerazioni sul Flowers a parte, posso finalmente comunicarvi con gioia che sì, quello degli Idles è proprio un live da vedere almeno una volta nella vita. Ma andiamo con ordine.

Sorprende la mancanza di un opening act (cosa finora presente nei concerti delle altre giornate del Flowers, come Lamante per i CCCP o Alberto Bianco per i Subsonica), ma ce ne facciamo una ragione. Puntualissimo, e accompagnato da un boato da parte del pubblico, il gruppo inizia in maniera “soft” con “Idea 01″, seguita da una magnifica “Colossus”: ed è da un “Forgive me father, I have sinned” urlato con ogni forza da tutti i presenti che capisco già come procederà la serata.

Non è posto per i deboli di cuore, il concerto degli Idles (non nelle prime file, almeno). Non credo di aver mai visto così tanti poghi e così tanto intensi, neanche dagli Shame – ed effettivamente solo vedere una band di questa potenza poteva rendere il pubblico così tanto entusiasta, nonostante il caldo. Band che tra l’altro, non a caso, giusto il giorno prima si è esibita a Glastonbury, causando anche millemila polemiche con il gommone di Banksy.

Anche a Collegno non mancano provocazioni e rivendicazioni antifasciste – potevamo aspettarci di meglio da un gruppo che canta “I put homophobes in coffins“, o “I sing at fascists ‘til my head comes off“? Proprio durante “I’m Scum” Joe Talbot invita il pubblico ad abbassarsi e intonare un bel coro anti-monarchico (“Fuck the king!” ripetuto a oltranza), definito dal cantante “il nuovo inno inglese“. Magnifico. Mai ci saremmo aspettati di poter avere il privilegio di assistere a tutto questo in provincia di Torino, ma siamo troppo felici per elaborare per bene.

Tra Mark Bowen che si unisce al pubblico nel pogo e quest’ultimo che diventa sempre più concitato (il nostro pensiero va ai poverini attaccati alle transenne) possiamo ribadire che sì, non solo quello degli Idles è un concerto da non perdere, ma anche che musica e politica sono due dimensioni che non possono davvero viaggiare su due binari totalmente paralleli, anzi – soprattutto se c’è il punk di mezzo. Gli Idles sono un gruppo meravigliosamente politico, anticonformista, belli da sentire ma ancora di più da ascoltare. Anche vivere, se vogliamo essere particolarmente poetici.