Era il 4 luglio 1994, e sugli scaffali dei negozi di dischi di tutto il mondo arrivò il rimedio ritmico e pulsante ai dolori di una generazione che, ancora un po’ scombussolata dal fenomeno rave, iniziava a sentirsi sempre più respinta, abbandonata ai margini di una società  non proprio indulgente. L’introduzione di leggi volte a contrastare l’organizzazione delle mitiche feste clandestine ad alto tasso allucinogeno ““ enormi happening improvvisati in aree industriali dismesse, ma non solo – spezzò i cuori di milioni di giovani appassionati di musica elettronica, ma non quelli dei Prodigy e del loro incontrastato fulcro creativo, il produttore e deejay Liam Howlett.

Il quale, nel corso del tour statunitense di supporto all’esordio “Experience”, rimase folgorato dall’ascolto dei Rage Against The Machine; non una semplice band, bensì un mondo parallelo che, a mo’ di epifania, gli indicò la via di uscita da una scena incredibilmente stretta per le sue ambizioni. Anzi, una scena che cominciava letteralmente a disprezzare.

In un’intervista rilasciata qualche anno fa alla rivista musicale britannica Clash, Howlett ha negato una volta per tutte ogni tipo di indiscrezione sbucata fuori nel corso del tempo relativa al vero significato di “Music For The Jilted Generation”: non un manifesto in difesa della cultura rave, ma una sorta di reazione allergica a un gigante morente, divorato da quell’universo mainstream nel quale gli stessi Prodigy lo avevano traghettato.

Da qui la decisione di allontanarsene il più possibile con un album quanto mai ricco, bizzarro e, perchè no, persino rock. Non a caso, fu proprio questo lavoro a schiudere alla creatura di Liam Howlett le porte delle grandi arene per concerti (autorizzati, questa volta), in seguito totalmente spalancate dall’esaltante potenza sprigionata dal big beat del classico “The Fat Of The Land” (1997).

In “Music For The Jilted Generation” si avvertono già  i segni della rivoluzione in arrivo ““ su tutti, le chitarre elettriche e le leggere contaminazioni metal e grunge in “Their Law” e “Voodoo People” ““ ma la transizione definitiva verso un nuovo suono viene lasciata in sospeso. Howlett ““ che, è bene ricordarlo, è praticamente l’unico membro dei Prodigy ad aver composto e registrato il disco, a esclusione della comparsata del vocalist Maxim (all’epoca ancora noto come Maxim Reality) in “Poison” ““ preferì trasformare questi intensissimi settantotto minuti di ibrida techno in un piccolo laboratorio creativo.

Un luogo sotterraneo nel quale nascondere i propri esperimenti per evitare di farli cadere nelle mani sbagliate, come mormora la misteriosa voce narrante dell’introduzione. Ci riuscì? Beh, non proprio: dagli Apollo 440 agli Atari Teenage Riot, passando infine per Noisia, Pendulum e Death Grips, sono troppi e davvero molto diversi tra loro gli innumerevoli artisti che hanno attinto a piene mani dal tesoro breakbeat tirato su quasi dal nulla da un Liam Howlett neanche ventitreenne ma già  ultra-maturo, in evidente stato di grazia. Una sovrabbondanza di idee e dettagli che da ormai un quarto di secolo ci fa letteralmente brillare le menti, come se ogni ascolto fosse sempre il primo.

The Prodigy ““ “Music For The Jilted Generation”
Data di pubblicazione: 4 luglio 1994
Tracce:  13
Lunghezza: 78:07
Etichetta:  XL Recordings
Produttori: Liam Howlett, Neil McLellan

Tracklist:
1. Intro
2. Break & Enter
3. Their Law
4. Full Throttle
5. Voodoo People
6. Speedway (Theme From Fastlane)
7. The Heat (The Energy)
8. Poison
9. No Good (Start The Dance)
10. One Love
11. The Narcotic Suite: 3 Kilos
12. The Narcotic Suite: Skylined
13. The Narcotic Suite: Claustrophobic Sting