La nuova fatica discografica di Washed Out (all’anagrafe, Ernest Weatherly Greene Jr.) è un’opera piuttosto ambiziosa che si muove sulle solite coordinate del producer americano ma con una consapevolezza maggiore rispetto ai suoi lavori precedenti.

Credit: Landon Speers

“Notes from a Quiet Life” – questo il titolo del disco in questione – è un album decisamente omogeneo, variegato, in cui un sound dannatamente pulito è il vero protagonista dei dieci brani che vanno a comporre la tracklist del disco in questione. Del resto, ne è passata di acqua sotto i ponti da quando il caro vecchio Ernest era un bibliotecario in cerca di fortuna tra le strade di New York. Washed Out, nel corso del tempo, si è dimostrato musicista vero, nonché un attento conoscitore di quelle che sono le sfumature più recondite dell’universo musicale.

“Wondrous Life”, per esempio, sembra strizzare l’occhio ad uno dei pezzi più inconici dei Duran prima maniera: la fascinosamente enigmatica “The Chauffeur”. Sviluppandosi, però, attraverso una serie di espedienti sonori che trasudano contemporaneità da ogni nota. E cosa dire di “The Hardest Part”, se non che rappresenta uno dei passaggi più centrati di “Notes from a Quiet Life”? Il nuovo album del Nostro suona come una lettera tardiva dei giorni nefasti del lockdown, eppure la sostanza dell’opera è ben più groovy e – per certi versi – frivola rispetto al precedente, “Purple Noon”.

Già. Perché mentre quell’album era impegnato ad affrontare il passaggio, piuttosto radicale, dagli anni Ottanta agli anni Novanta, tra le pieghe sofisticate di “Notes from a Quiet Life”, Washed Out riesce a scandagliare degli orizzonti ancora inesplorati, rendendoli accessibili anche a chi è sempre stato a digiuno di musica elettronica. In parole povere, il disco numero cinque del producer nato a Perry (Georgia), è un lavoro che dimostra tutta la sapienza di un artista che – a giusta ragione – è stato definito, nel corso degli anni, come il padre putativo di un genere pieno zeppo di sfaccettature quale è la chillwave. “Wait On You” e, soprattutto, “Letting Go”, rappresentano la degna conclusione di un album che, almeno per chi scrive, è ben più di un ritorno convincente.

“Notes from a Quiet Life”, infatti, rappresenta l’espressione definitiva della vision di un artista che quasi mai è sceso a compromessi. Neanche con sé stesso. In sostanza, oltre che di un lavoro completamente autoprodotto, si tratta di un disco che spazia su più fronti ispirativi, senza perdere, però, il vezzo di una sperimentazione oltremodo incisiva. E quando si riescono a mescolare, in maniera sapiente, Arte e tecnologia, quel che ne esce fuori non può essere altro che un’opera con i controfiocchi.