Spiegare chi è Sachman Ecks è semplice, basta dire Gonjasufi. Piuttosto più complicato è invece cercare di comprendere chi è Gonjasufi. Partire dalla collaborazione di “Testament” dell’ultimo album di Flying Lotus è utile per collegarsi al fatto che tutti e due appartengono all’incredibile catalogo di artisti della Warp Records. Di fatti il sound di “A Sufi And A Killer” si sposa perfettamente con gli esperimenti elettronici storti, marchio di fabbrica della casa discografica di Sheffield, anche grazie alla produzione della maggior parte dei brani ad opera di Gaslamp Killer (il killer appunto) e in qualche eccezione da Flying Lotus stesso e Mainfraime.
Ma oltre al musicista che viene da una lunga militanza nel underground hip-hop, o post-hop per se si vuole generalmente differenziare da spazzatura gangsta, c’è molto altro da spiegare per inquadrare il personaggio. 32 anni, maestro di yoga, attualmente abita nel deserto del Mojave (Nevada) da eremita, eccezion fatta per la famiglia composta da 3 bambini e una moglie. à‰ un appassionato di filosofia, religione e droghe varie. Interessi che fluiscono nel pentolone magico del suo stile musicale ricco di elementi apparentemente lontani, ma che mescolati con sapienza e un tocco di misticismo dal Santone che Gonjasufi si porta dentro, formano una quadratura del cerchio terribilmente affascinante. Un’altra caratteristica fondamentale di questo suo primo lavoro non autoprodotto, sono le inquantificabili influenze del passato, e contemporanee.
Partendo da un deciso gusto per le atmosfere orientali, il soul , il funk, l’idm, il trip-hop, il post rock e chipiùnehapiùnemetta, tutto passato attraverso il filtro analogico e l’approccio sporco, deviato e deviante di un marcato disturbo lo-fi. Nella musica, ma sopratutto nella voce, colonna portante e caratterizzante di tutte le 19 fulminanti idee che compongono il disco. Una voce roca e malinconica, ma anche ricca di personalità e versatilità . Capace di spaziare dal dub psychedelico e ipnotizzante di “Kobwebz” alle predicazioni sussurrate di “Sheep”, dove il sufi prende il sopravvento con le sue metafore sacre decantando i vantaggi dell’essere una pecora che, diversamente dal leone, non è obbligata a mangiare carne morta. Piccola, dovuta, parentesi: il sufi è la parte della personalità di questa complessa figura coi dreadlock, che riguarda la spiritualità , la ricerca della libertà senza preconcetti, e gonja invece, beh, basta cambiare la prima vocale e si può dedurre facilmente. L’insieme di queste due componenti crea un equilibrio mentale che si contrappone al lato più incazzato e arrabbiato di Sumach Ecks, come spiega lui stesso in una delle sue profetiche interviste.
Tornando alle tracce di questo stupendo, disco d’esordio, possiamo scorgere altri rimandi sorprendenti, per esempio l’omaggio agli Stooges in “Suzie Q” , la confusione tra Indiani d’America e il popolo di Goa in ” Kowboyz&Indianz”, il trip-hop analogico di “Change” e lo space funk di “Candylane”. Ogni traccia poi ha una storia a sè, una sofferta verità che viene sviscerata con realistica consapevolezza dei propri mezzi. Raramente si ha la sensazione che qualcosa sia fuori posto, inopportuna o non alla portata di questo straordinario artista. La comprova di questa tesi si può cercare, nella credibilità del blues di “Ageing”. Infine, per chiudere un album che una dichiarazione di fede, nella musica sopratutto, qual modo migliore se non un sentito Amen? “Made” è un ringraziamento colmo di gioia per avercela fatta, ma che lascia qualche dubbio. Perchè ce l’hai fatta solo ora? Ammetto che sono impressionato, stordito e convertito. Lo consiglio a chiunque, merita più di un ascolto. Più che una recensione avrei voluto scrivere un sermone.
2. Kobwebz
3. Ancestors
4. Sheep
5. She Gone.
6. SuzieQ
7. Stardustin’
8. Kowboyz&Indians
9. Change
10. Dust
11. Candylane
12. Holidays
13. Love Of Reign
14. Advice
15. Klowds
16. Ageing
17. DedNd
18. I’ve Given
19. Made