Un nome impronunciabile non ferma la buona musica.
Il prolificissimo cantautore canadese Hawksley Workman torna con “Median Age Wasteland”, ultimo lavoro uscito per Isadora Records.
“Beautifully sentimental” così Workman definisce la sua ultima fatica discografica. “Ho una prospettiva unica sul mondo, che viene dalla persone che credo di essere e da quella che sono, e volevo esplorare proprio quest’ultima”.
Undici tracce pulite e semplici che colano piacevolmente nelle orecchie, cullate da parole quotidiane elevate a una statura poetica forse anche immeritata, come l’opening track “Birds in Train stations” o “Skinny Wolf”, che si fanno trasposizione di storie umane, in una formula due Esopo 2.0.
Un lavoro che non fa – e non vuole fare – la storia, ma che mostra ancora una volta il potenziale compositivo e strumentale del suo autore. Senza giochi di prestigio testuali o sonori, Workman porta a casa un disco immediato e leggero, al tempo stesso introspettivo e attento a ciò che si muove intorno a lui: i problemi quotidiani di persone semplici, le tentazioni di disperazione e violenza, i cuori spezzati.
Radici profondamente folk si mescolano a influenze pop, rock, cabarettistiche, rimanendo comunque un impasto sonoro altamente digeribile e masticabile.
Un’estetica musicale chiara e accessibile, venata della giusta dose di complessità compositiva, e riflessioni acute che trovano terreno fertile proprio in quella terra deserta (o incolta? A ognuno la traduzione che ritiene più opportuna) di mezza età che il titolo del disco annuncia.