Cosa mancava ai Soundgarden di 30 anni fa per scrivere definitivamente la storia della musica?
Tre album alle spalle, tra i quali l’ottimo “Badmotorfinger” del 1991 , e quell’etichetta Grunge a garanzia di un movimento in crescita mondiale non bastavano?
Evidentemente Chris Cornell e soci cercavano altro: volevano catturare anche i fan dei Led Zeppelin, dei Black Sabbath, degli Who. Per questo la scelta di un produttore bizzoso come Michael Beinhorn ed il tocco finale al missaggio di Brendan O’Brien, per garantire qualità sonica all’album e la giusta “penetrazione”.
A quelli che, come chi vi scrive, hanno consumato “Good Times, Bad Times” dei Ledzep, ascoltare l’incipit di “Superunknown” garantisce l’effetto “WOW”: pronti-via si entra in un pattern di chitarre come il motore di mille Harley Davidson e la batteria sincopata di Matt Cameron torna su se stessa cadenzando il ritmo midtempo di “Let Me Drown”. La voce di Cornell poi è da sempre simile a Robert Plant o Roger Dartley. Quindi Bingo?
Dopo l’avvio breathtaking l’album volge al melodico, mostrando la sua vera anima: “Fell On Black Days” è una ballata con la batteria registrata esageratamente alta che esalta le qualità vocali del frontman ed i riff delicati di Kim Thayill.
Poi la title track ci riporta alla velocità normale dei Soundgarden, un power rock con sfumature metal e anima blues. Questo strano mondo cupo del “superinconscio” svela l’anima cupa ed introversa del disco.
La hit del disco è senza dubbio “Black Hole Sun”, un brano lento al punto che pure la batteria fatica a stare a tempo. Ricorda i viaggi lisergici degli ultimi Beatles e ci racconta di questo sole nero invocato dalla band per portarsi via la pioggia e le cose negative. Bellissimo e surreale peraltro il video che accompagnava il brano.
Appena il tempo di mettersi con l’animo in pace che irrompe la tribale e ritmatissima “Spoonman”, dove la sezione ritmica impazzita di Cameron si adagia su di una texture di chitarre “motorizzate”, con alcuni stop e ripartenze, rumore di cucchiaini picchiati sui bicchieri come tutti abbiamo fatto da bambini per seguire il ritmo.
“The Day I Tried To Live” parte con un’iconica chitarra solista che cade verso terra, risollevata dal basso e poi tutti gli altri strumenti, per diventare un altro brano emblematico del disco.
“4th Of July” ci ricorda i Black Sabbath mentre “Half” ci innonda con le sonorità delle origini indiane di Kim Thayill.
“Like Suicide” infine conclude un percorso melodico e psichedelico, un fil rouge che percorre tutte le tracce e rende il disco godibile anche a chi non digerisce il grunge o ha un’età anagrafica diversa.
“Lasciami annegare”, “come un suicidio”, “precipito in giorni cupi”, come un “uomo cucchiaio (per sciogliere la droga)”, “il giorno in cui ho provato a vivere”: se mettiamo insieme un po’ di titoli sembra davvero un percorso verso il basso, più che nel “superinconscio”, nella parte più buia dell’anima.
Ciò è davvero antitetico con lo spirito arioso della musica, quasi sognante, aggressiva, festosa, scoppiettante, solare.
Dopo “Superunknown” il mondo non sarà più lo stesso: l’apice è stato raggiunto.
Complice il suicidio di Kurt Cobain, il grunge svanì come il vino lasciato aperto e gli stessi Soundgarden non seppero nemmeno avvicinarsi al disco capolavoro.
Riascoltando il doppio vinile per scrivere la recensione mi convinco ulteriormente della bontà del prodotto, sorvolando un poco la sensazione che fosse studiato a tavolino per raggiungere i più diversi palati, incluso il mio.
E, sapendo poi la fine che ha fatto Chris Cornell, si ascoltano alcuni brani (“Like Suicide”) con rinnovata malinconia.
Supernecessario.
Soundgarden – “Superunknown”
Data di pubblicazione: 8 Marzo 1994
Tracce: 15
Lunghezza: 70:13
Etichetta: A&M
Produttore: Michael Beinhorn, Soundgarden
Tracklist:
1. Let Me Drown
2. My Wave
3. Fell On Black Days
4. Mailman
5. Superunknown
6. Head Down
7. Black Hole Sun
8. Spoonman
9. Limo Wreck
10. The Day I Tried To Live
11. Kickstand
12. Fresh Tendrils
13. 4th Of July
14. Half
15. Like Suicide