Con quasi quindici anni di carriera alle spalle le Coathangers hanno da poco sfornato un album nuovo di zecca, “The Devil You Know”, e noi ne abbiamo approfittato per farcelo raccontare direttamente da Julia Kugel, voce e chitarra della band garage-punk di Atlanta. Fra concerti, Hermann Hesse, Queen e cassette ecco che ne è uscito fuori:
Ciao Julia come stai? Che combini di bello?
Ciao, io e le altre siamo on the road proprio adesso, siamo partite da Boise in Idaho per raggiungere la prossima tappa del nostro tour in Utah, a Salt Lake City.
Bene, partirei proprio da “The Devil You Know” il vostro nuovo disco, che ci dici a proposito?
Che siamo orgogliosissime di quello che è uscito fuori! Ci piace da morire, abbiamo trascorso dei momenti fantastici a registrarlo e di conseguenza molte energie positive ci sono finite dentro. Ed è bello sapere che alla gente sta piacendo.
Chi sarebbe il diavolo del titolo?
Lo abbiamo preso da un vecchio detto che recita “Il diavolo che conosci è meglio di quello che non conosci“, che tradotto significa che resti sempre aggrappato alla vita di tutti i giorni perchè troppo spaventato dal cambiamento. è un concetto basilare che però può essere applicato dal personale al sociale fino alle attuali situazioni politiche globali.
Ciò che mi colpisce dei vostri lavori è che il vostro sound è sempre “‘fresco’, sembra che vi divertiate davvero tanto a suonare assieme
Ci viene spontaneo, siamo sempre concentrate ad evolverci e a sfidare noi stesse. In ogni nostro disco c’è un pezzetto di questa evoluzione. Inoltre cerchiamo sempre di parlare nei nostri testi di ciò che accade in quello specifico momento.
Com’è stare in una band con persone che praticamente conosci da una vita? Il vostro suono e le cose che scrivete si sono evolute con la vostra amicizia?
Assolutamente sì! La nostra amicizia è un qualcosa di puro, ma ha dovuto affrontare anche parecchie sfide dovute al tipo di vita che implica stare in una band. Siamo incredibilmente vicine l’una all’altra e le cose che abbiamo affrontato negli ultimi anni solo noi possiamo capirle. Siamo sempre profondamente connesse tra di noi e ciò probabilmente si riflette nel modo in cui suoniamo, che oggi è molto meglio di quando abbiamo iniziato. Azzarderei a dire che la nostra musica è la rappresentazione sonica del nostro legame.
E come avete composto le canzoni di “The Devil You Know”?
Abbiamo seguito modi diversi, ad esempio in “Hey Buddy” e “F the NRA” siamo partite dai testi, mentre in altri pezzi sono nate prima le musiche, altre ancora sono uscite fuori da jam session e qualche altra volta qualcuno dei nostri amici ci ha dato qualche idea da sviluppare. Curiamo ogni dettaglio per far funzionare le canzoni.
C’è qualche canzone di questo nuovo album a cui sei più affezionata?
Onestamente è difficile dirtene una sola, sono tutte figlie per me! Però ti dico che mi piace da morire suonare live “F the NRA”, è una meraviglia vedere l’energia che questo pezzo sprigiona ai nostri concerti.
Mi ha colpito molto “Lithium”, una canzone che decisamente si scosta dal resto della vostra discografia, com’è nata?
L’ho scritta durante lo scorso tour in van: ascoltavo un broadcast in cui si discuteva delle meraviglie del litio e di come questo possa aiutare le funzioni celebrali. A quel punto decisi di dare la mia risposta e le parole sono uscite di getto. Ci piace disseminare nei dischi una canzone riflessiva ma soft al tempo stesso, un qualcosa che riesca a mettere in risalto gli aspetti più curiosi dell’essere umano, e devo dire che abbiamo fatto centro!
Puoi elencarmi un disco, un libro e un film grazie ai quali oggi sei diventata una Coathangers?
“Surfer Rosa” dei Pixies, “Il gioco delle perle di vetro” di Hermann Hesse e “Tutte le manie di Bob” di Frank Oz.
Da “Parcheezi” il singolo che vi ha lanciate al più recente “Bimbo”: come siete cambiate in questo lasso di tempo?
Sono passati tredici anni, un’eternità ! Siamo cresciute è vero, ma abbiamo mantenuto quel senso di spensieratezza che avevamo una volta, ed è per questo che entrambe le canzoni hanno lo stesso senso di gioia.
Dylan Baldi dei Cloud Nothings si è recentemente lamentato del fatto che avendo avuto la possibilità di girare per il mondo in tour si è accorto che oramai, a causa della speculazione edilizia incontrollata, grattacieli e catene di fast food hanno ucciso l’anima delle grandi città rendendole simili l’una all’altra, tanto che per lui sarebbe difficile trovare differenze tra Helsinki e Pittsburgh. Voi che di tour ne avete fatti tanti che idea vi siete fatte?
è vero che oggi c’è qualcosa che accomuna tutte le città del mondo, ma mai e poi mai se mi trovassi in Europa potrei confondere Helsinki con Amsterdam. Starbucks non è il male assoluto e vivendola una città puoi ancora trovare degli angoli magici incontaminati.
A proposito di concerti, come sta andando il vostro nuovo tour? Come stanno reagendo i fan alle nuove canzoni?
Gli show stanno andando benissimo e a quanto pare ai fan piacciono i pezzi del nuovo disco. E poi, cosa fondamentale, ci stiamo divertendo tantissimo!
L’anno scorso avete raggiunto un grande traguardo: la pubblicazione di “LIVE”, ovvero il vostro primo album dal vivo registrato nelle due date che avete tenuto a Long Beach in California. Com’è nata l’idea e ricordi ancora le emozioni che hai provato quando sei salita sul palco in quelle due serate?
L’idea è venuta da Scott Montoya che ha mixato il disco, ad ogni modo era un’idea che ci ronzava in testa da un po’, abbiamo sempre voluto catturare il nostro sound dal vivo perchè è molto più grezzo. L’esperienza è stata divertentissima e ricordo che ero elettrizzata durante quei concerti.
Ok, come cantante di una rock band devo chiedertelo: hai visto il biopic su Freddie Mercury “Bohemian Rhapsody”? Che ne pensi?
Sì l’ho visto assolutamente! Sono cresciuta ascoltando i Queen ed è stato bello riascoltare alcune delle mie canzoni preferite. Non voglio entrare nella polemica sul fatto che la storia sia troppo romanzata, mi basta sapere che i membri dei Queen abbiano supervisionato il lavoro. E alla fine ne è uscito un film ben fatto!
Bene Julia ti saluto chiedendoti di svelarci una curiosità : i vostri album vengono pubblicati anche in formato cassetta. Che rapporto avete con questo formato ormai diventato di culto? Cassette e vinili riusciranno mai a battere lo streaming un giorno?
Sono una nostalgica delle cassette ed è bellissimo tenere in mano la musica che ami mentre cresci. La musica digitale è conveniente, ma ci vuole poco per scordarsi di cosa abbiamo ascoltato un attimo prima. Non credo che i vecchi formati riusciranno mai a sconfiggere lo streaming, ma sarebbe bello che formato fisico e digitale possano crescere insieme fianco a fianco. Ci vediamo presto!