“Urlo Gigante” è il titolo scelto da Giovanni Gulino, noto come front-man dei Marta Sui Tubi, per il suo album di debutto e ci appare quanto mai appropriato.
E’ infatti un nuovo inizio, come il vagito di un bimbo (che potrebbe essere quello di sua figlia) o il sigillo di un uomo che ha voglia di rimettere insieme i pezzi di un’intera esistenza, intensa e vivace, anche solo rapportandoci alla sua pregressa esperienza, fulgida, spesso esaltante, vissuta con i sodali Carmelo Pipitone e Ivan Paolini e che ha lasciato in dote tanti episodi degni di nota nell’arco di due decenni.
Il 2020 è però l’anno delle ripartenze, stavolta in prima linea, mettendoci la faccia e il cuore.
Queste 11 nuove canzoni sono infatti assolutamente rappresentative del suo autore e, seppur a tratti non manchino gli inevitabili punti di contatti con la band che l’ha reso celebre, non avrebbero con ogni probabilità visto la luce in altro modo che non in veste solista.
Gulino sin dalla prima traccia ci apre il suo mondo interiore, con una sincerità talvolta disarmante (come nella fulminante polaroid di “Parapiglia”) e ci accompagna in un viaggio dove ogni brano assume la parvenza di una tappa di vita.
La parola d’ordine è intensità , la stessa che a profusione ha saputo immettere anche in alcune delle migliori canzoni dei Marta, e che tocca qui autentiche vette, non solo canore (sulle sue abilità come vocalist credo non ci siano mai stati dubbi) ma anche musicali.
Lo si evince già da quella “Bambi” posta in apertura, dove a versi che non possono lasciare indifferenti nella loro spontanea matrice affettiva (“”Non voglio prometterti più di quel che posso darti/ma voglio darti di più di quello che ti aspetti”) si sposa una musica dal climax ascendente potente, in un crescendo alla Coldplay (accostamento non causale, visto che l’arrangiamento d’archi è appannaggio del valoroso Davide Rossi, collaboratore fra gli altri della band di Chris Martin).
L’amore è l’asse portante dell’intero lavoro, il suo argomento principe, da sempre insidioso nel variegato universo musicale italiano, ma che il cantautore siciliano dimostra di saper maneggiare con cura e maestria, evitando banalità assortite e andando piuttosto dritto al punto, in nome di una credibilità e di una onestà di fondo che è impossibile non percepire, neanche quando le liriche si spostano dalla dedica paterna a quelle verso l’amata.
Anticipato dal convincente singolo d’esordio “Un grammo di cielo” – dalla melodia soave e limpida e da un ritornello arioso e orecchiabile – il disco si dipana sicuro e senza apparenti punti deboli, sorretto da una produzione (affidata a Fabio Gargiulo) in linea con i migliori lavori pop contemporanei e da una scrittura fresca e incisiva, in cui è da rimarcare la collaborazione con il pianista Andrea Manzoni (specie nell’evocativa “Albergo ad ore”, dalle reminiscenze jazz)
Gulino gioca così su più piani, declinando la canzone di volta in volta in chiave (indie)pop (nel già citato singolo o in “Tra le dita”), attingendo al vecchio repertorio in quei brani più briosi (“Dormiveglia”), flirtando ottimamente con l’elettronica (come ne “Il tempo lo dai tu”), fino a sfiorare la grande canzone d’autore nella stupenda “Fammi ridere”, in cui mette i panni del maestro Lucio Dalla, che più volte ebbe modo di ribadire la sua stima nei confronti del Nostro.
Nel centrifugare le varie istanze presenti nel suo animo, l’artista delinea però un proprio stile riconoscibile, sintetizzato nella paradigmatica ed eloquente “Sto” (anche se pensavo che a cantare il primo verso fosse Ligabue!) e in “Lasciarsi insieme”, struggente duetto con Veronica Lucchesi – voce de La Rappresentante di Lista – a detta di chi scrive l’apice del disco.
A 48 anni suonati Giovanni Gulino non è certo uno sprovveduto, anzi, sono certo che in maniera del tutto consapevole abbia confezionato un prodotto in grado potenzialmente di raggiungere un’ampia fetta di ascoltatori, dove tutti gli ingredienti sono dosati nel modo giusto, ma a prevalere è quell’urgenza creativa che sembra pervadere ogni singola traccia.
“Urlo Gigante” è un album ispirato, personale, che potrebbe far impallidire diversi esponenti della nuova scena pop italiana, un lavoro che è giunto necessario in questa fase della sua vita e che noi siamo ben lieti di aver accolto.
Photo credits Lorenzo Arrigoni