I Protomartyr sono nati dieci anni fa a Detroit. La band post-punk statunitense pubblica, via Domino Recording Company, il suo quinto LP, “Ultimate Success Today” , che arriva a distanza di tre anni dal precedente, “Relatives In Descent”. Registrato ai Dreamland Recording Studios in upstate New York, il disco è stato prodotto da David Tolomei, che conoscevamo già  per le sue passate collaborazioni con Dirty Projectors e Beach House. Al suono duro e cupo del gruppo del Michigan questa volta si sono aggiunti fiati e archi, rendendo il tutto più interessante. Noi di Indieforbunnies.com abbiamo approfittato di questa nuova uscita per contattare via Skype il frontman Joe Casey e farci raccontare, oltre che del nuovo album, del loro produttore, dei nuovi suoni aggiunti, delle loro influenze, dello studio di registrazione, della musica dal vivo e ovviamente anche dei recenti fatti di politica statunitense. Ecco cosa ci ha detto:

Ciao Joe, come va? Da dove mi stai rispondendo? Da Detroit?

Sì, sono a Detroit.

Il vostro nuovo album esce oggi, siete contenti di poterlo fare ascoltare alla gente?

Lo abbiamo registrato oltre un anno fa. Non ci era mai successo di aspettare così tanto, ma abbiamo dovuto rinviare la sua uscita a causa della pandemia. Siamo contenti che finalmente stia per uscire, così ci potremo concentrare su altre cose.

Posso chiederti se avete già  iniziato a preparare del nuovo materiale durante questo periodo di lockdown?

A dire il vero no. Ho visto altre persone scrivere nuove cose, ma noi ancora no. Credo che saremo in lockdown ancora per un altro anno, quindi penso che ora sia il momento di iniziare a lavorare su nuovo materiale.

Questo 2020 finora è stato un anno strano e triste. Come musicista che cosa ne pensi del futuro della musica dal vivo?

Credo che alla fine del lockdown le venue della misura in cui siamo abituati a suonare potrebbero non essere più aperte. Speriamo che il nostro paese aiuti le arti e i loro aspetti creativi, ma so che parecchi lavoratori di questo campo hanno cambiato lavoro. Non so, sono pessimista. Credo che andrà  piuttosto male per l’industria musicale per un certo momento. Chi suona dei grandi show negli stadi si potrà  salvare, ma chi è abituato a suonare in locali piccoli potrà  trovarsi distrutto.

Speriamo in bene. Il vostro nuovo album si chiama “Ultimate Success Today”: ti posso chiedere da dove proviene questo titolo?

Proviene da una pubblicità  notturna che abbiamo qui negli Stati Uniti, ma soprattutto indica i temi del disco cioè il futuro puo’ essere negativo e quindi devi avere successo oggi, in questo momento.

Il vostro disco è stato registrato insieme al produttore David Tolomei: posso chiederti quanto ha influenzato la vostra musica durante il processo di registrazione?

Greg (Ahee), il nostro chitarrista, ha spesso delle fantastiche idee, che però spesso sono difficili da realizzare. Noi avevamo bisogno di un produttore che lavorasse sulle idee di Greg e le facesse suonare bene e David lo ha fatto. Ci sono state delle differenze nella registrazione di alcuni tipi di strumenti ed era proprio ciò che cercavamo.

Nel vostro disco ci sono moltissimi nuovi strumenti ““ almeno per la vostra musica ““ come sax, clarinetto e flauto: da dove provengono queste aggiunte? Che tipo di suono hanno aggiunto alla vostra musica?

Abbiamo una lunga e interessante relazione con il sassofono. Abbiamo avuto alcuni sassofonisti che hanno suonato con noi live tra cui anche Dylan Baldi dei Cloud Nothings. Il sax è il sommo strumento rock. Fino all’ultimo eravamo indecisi a chi far suonare il sax sul disco, poteva essere anche Dylan. Greg, però, stava cercando un approccio che venisse più da un’idea jazz e, visto che abbiamo con noi Jemeel Moondoc, avanguardista. Greg voleva qualcosa di molto semplice.

Ascoltando il vostro disco ho avuto la sensazione, come hai detto tu poco fa, di sentire influenze jazz e, pur rimanendo post-punk, risulta più elegante rispetto ai vostri lavori precedenti.

Possiamo riprodurre molto facilmente un suono forte e arrabbiato. Greg non voleva, però, fare sempre la stessa cosa. Avremmo potuto, ma credo che questo suono forte diventi più interessante se messo insieme a qualcosa di più delicato. Credo che questo cambi la temperatura della canzone e la renda più emozionale rispetto a prima.

Hai detto che, quando avete ripubblicato il vostro debutto, “No Passion All Technique”, mentre lo hai riascoltato di nuovo, hai pensato al passare del tempo. Credi che possa avere influenzato il vostro processo di scrittura?

Ascoltandolo ancora, ho capito che aveva un approccio che volevo provare ancora. Ho sempre l’idea di come saranno i testi delle canzoni, ma aspetto l’ultimo momento, così ho quel senso di urgenza. Per questo disco ha funzionato molto bene. E’ stata una cosa positiva perchè parecchie canzoni sono cambiate a seconda dell’apporto dei collaboratori e degli altri strumenti. Se avessi scritto i testi prima, credo che sarei stato frustato a causa delle emozioni che queste nuove canzoni mi stavano dando. Ciò mi ha messo a mio agio con i cambiamenti che sono arrivati in questo nuovo album che ha un suono più sofisticato.

Parlando dei tuoi testi, quali sono stati i temi principali questa volta?

Credo di essere stato influenzato dalla fine dell’esistenza e la musica evocava ciò, forse perchè era la fine di una decade o forse perchè non stavo bene. Le canzoni hanno un suono “finale”, come se fossero a un funerale.

Dopo dieci anni che siete insieme poter realizzare un nuovo disco è stato un passo importante per voi?

Le band non durano a lungo, anche quelle buone. Sono difficili da mantenere: è una strana combinazione tra lavoro, matrimomio e arte. Anche se lavori con le migliori persone possibili, capita in modo naturale: essere in una band per dieci anni è qualcosa che ti arricchisce molto a livello artistico. E’ un sentimento bello e interessante e spero di non sbagliarmi. Aver realizzato cinque dischi in dieci anni è una media molto buona e penso che ce ne saranno ancora.

Il Dreamland Recording Studio, dove avete registrato il vostro nuovo album, era originariamente una chiesa: pensi che l’ambiente che vi circondava possa aver influenzato in qualche modo il vostro processo di registrazione?

All’interno non ha molto l’aspetto di una chiesa, ma, quando esci, scopri che originariamente lo era. E’ diventato uno studio di registrazione fin dagli anni ’80. Il posto è molto tranquillo, così puoi fare ciò di cui hai bisogno, cioè concentrarti sul tuo album. Non ci sono altre distrazioni. Potevi prendere un treno e andare a New York, ma non l’abbiamo fatto. La chiesa ci ha offerto silenzio e isolamento e credo che l’isolamento sia la chiave per registrare un disco.

Come funziona il processo creativo all’interno della vostra band? E’ qualcosa di collaborativo?

Funziona in due modi: è collaborativo, ma anche rispettoso dei ruoli. Credo di poter dire che Greg sia la persona che crea la maggior parte del nostro sound, scrive le strutture delle canzoni con la chitarra o con le tastiere e poi le porta ad Alex (Leonard) che aggiunge il suo drumming e ciò cambia le canzoni. Loro collaborano insieme da tanto tempo. Poi le portano a Scott (Davidson, basso) che aggiunge le sue linee di basso. In seguito le passano a me e io ascolto le canzoni per la prima volta, scrivo i testi e ci canto sopra. La musica viene sempre prima dei testi perchè la musica ispira i testi. Durante il lockdown ho provato a scrivere dei testi, ma non mi è piaciuto perchè non potevo ascoltare la musica nelle cuffie.

Posso chiederti cosa ne pensi di ciò che sta succedendo ora negli Stati Uniti? Alcune persone di colore sono state uccise dalla polizia e la gente ora è in strada a protestare contro il razzismo e contro la violenza usata dalla forze dell’ordine.

Credo che sia necessario (protestare). Se togli gli occhi dalle cose cattive come le forze di polizia, loro possono diventare una metastasi e un’organizzazione pericolosa e sono razzisti al loro centro. Abbiamo bisogno di un cambiamento e spero che la vita possa essere migliore.

Sì, credo che tutti siano d’accordo su quello che hai appena detto. Che cosa ne pensi delle prossime elezioni negli Stati Uniti in novembre?

Se c’è una cosa buona che ha portato questa pandemia, è che non si potranno fare tante campagne elettorali. Voterò per Joe Biden, è il migliore candidato che ci sia. Non vogliamo di nuovo Trump e allora voteremo il vecchio Joe, è un processo frustrante. Se la vita fosse facile, non credo che avrei mai fatto parte di una band. (ridiamo)

Hai qualche ricordo dei vostri concerti italiani che vuoi condividere con i vostri fan?

Abbiamo suonato due volte in questa venue a Torino (Spazio 211) che mi piace molto. L’ultima volta che siamo passata dall’Italia siamo stati a due festival outdoor (Arti Vive di Soliera e Lars Rock di Chiusi) e sono stati fantastici. Andare in tour puo’ spaccarti la schiena e stancarti, ma mi manca davvero. Uno dei benefici di stare dentro una band è poter girare e vedere il mondo. Mi manca l’Italia. E’ un paese molto rock.

Un’ultima domanda: puoi scegliere una vostra canzone, vecchia o nuova, da utilizzare come colonna sonora di questa intervista?

Una delle nostre? Direi “Day Without End”, la prima canzone del nostro nuovo LP. Grazie mille per la tua intervista.

Grazie a te e spero di rivedervi il prossimo anno qua in Italia.

Lo spero anch’io. Grazie ancora.

Photo Credit: Trevor Naud