Sono sempre loro: Natalie Maines, Emily Strayer e Martie Maguire. Le (ormai ex Dixie) Chicks tornano col primo album di inediti dal 2006 dopo una pausa di riflessione, progetti paralleli, tour e l’onda lunga dell’opposizione al presidente Bush e alla guerra in Iraq che ha provocato una marea di critiche, minacce, fino ad arrivare a un vero e proprio boicottaggio da parte di numerose radio a stelle e strisce.
Problemi che non hanno impedito al trio texano di incidere dischi e vincere premi, anche se molte stazioni radiofoniche hanno faticato a perdonare (diciamo così) le Chicks, come le polemiche in occasione delle collaborazioni con Beyoncè e Taylor Swift hanno purtroppo dimostrato. Il recente cambio di nome è stato invece accolto con meno enfasi e la notizia della pubblicazione di “Gaslighter”, annunciata poi rimandata di alcuni mesi, ha generato molta curiosità .
Produce Jack Antonoff, abilissimo come sempre a modernizzare il sound di ogni artista rendendolo appetibile alle classifiche senza snaturarlo. Il country bluegrass delle Chicks diventa un filo più pop, acquista un tono fresco che non distoglie l’attenzione dai temi spinosi trattati in dodici brani parzialmente influenzati dalla fine pubblica e burrascosa del matrimonio di Natalie Maines.
Tema che torna spesso quello del divorzio, affrontato ora con rabbia (“Gaslighter”, “Tights On My Boat”) ora con dolore (“Sleep At Night”, “Set Me Free”) e un filo di tristezza (“My Best Friend’s Weddings”) da una Maines che si mette completamente a nudo, fragile e autobiografica come mai prima. Le melodie costruite insieme a Emily Strayer e Martie Maguire sono cristalline e rappresentano il lato ottimista di un album che vuole soprattutto guardare avanti con grinta.
Nulla di nuovo rispetto al passato, arrangiamenti frizzanti in cui trovano spazio banjo, mandolino, violino, chitarre suonati con una rinnovata consapevolezza che riveste una ballata come “Everybody Loves You” accarezzata dal piano e i ricordi di “For Her”, il presente di “Julianna Calm Down” e il futuro di “Young Man”. Non è un disco triste “Gaslighter”, sofferto casomai e con una coscienza sociale ben presente in “March March”. Dal personale al politico, un bel sentire.