E’ già  capitato in questa rubrica di celebrare compleanni di album, non dico propriamente di nicchia, ma quanto meno di culto, anche dedicando spazio ad artisti italiani. Seguendo questo filone, sono ben felice che sia la volta di un album che ho letteralmente consumato di ascolti e che usciva in questi giorni esattamente vent’anni fa.

Sto parlando del disco d’esordio, omonimo, del gruppo romano degli Otto Ohm, capitanato dal carismatico Andrea Vincenzo Leuzzi, detto “Bove”, pubblicato nell’ottobre del 2000.

Non essendo stato possibile risalire alla data esatta in cui l’album fece capolino negli scaffali dei negozi di dischi, teniamo convenzionale come giornata quella del primo ottobre.

La variopinta band romana si formò alla fine degli anni novanta: ai fondatori Bove e Fabrizio “Jolly Dread” De Angelis (dub master) si aggregò un primo nucleo di musicisti, che già  prevedeva la corista Daniela Mariani e il chitarrista Stefano “Fed” Bari. Ad arricchire il suono e gli arrangiamenti del gruppo contribuivano anche un tastierista, una violoncellista e un percussionista e flautista. Cruciale fu l’intervento durante i loro primi passi musicali di Fabrizio Bacherini, interessato a scritturarli nella sua indie label.

Il neonato gruppo, formato in principio da otto elementi, al momento di scegliersi un nome richiamarono certamente quel numero, facendo riferimento in realtà  a un gergo tecnico musicale che, indicando il carico delle casse di uno stereo, viene definito appunto “otto ohm”.

Al di là  di questa semplice curiosità , fu l’irresistibile sound creato nel mini studio casalingo di Leuzzi, a catturare presto l’attenzione di importanti addetti ai lavori e musicisti, tra cui il noto discografico Stefano Senardi (che sembrò puntare ad occhi chiusi su di loro) e Riccardo Sinigallia, all’epoca assai in auge per i suoi lavori a fianco soprattutto di artisti provenienti come lui dalla Capitale.

Dai primi provini ascoltati, sgorgavano fuori sonorità  variegate, solari ma malinconiche al tempo stesso, imperniate sull’amore condiviso per la musica reggae e dub, ma contaminata con suggestioni elettroniche, che sfociavano talvolta nei più spiazzanti ritmi jungle e drum ‘n’ bass, generi che stavano facendo diversi proseliti a livello internazionale ma ben poco prodotti e replicati dalle nostre parti.

Se il nome della band, su cui ho già  speso qualche riga, non vi dice niente, beh, sono abbastanza sicuro che lo stesso non dovrebbe valere se vi metteste all’ascolto della sua hit più conosciuta: “Crepuscolaria”.

Già , la canzone uscita come singolo nell’assolata estate del 2000 era davvero perfetta per rappresentare le tante anime degli Otto Ohm: allegra, melodica, dolce-amara, a suo modo struggente dietro una patina spensierata. Tutte caratteristiche che ci abitueremo presto ad associare alle canzoni di Bove e compagnia.

Sono memorabili versi come “Crepuscolari/ come le illusioni/Svanito il giorno/ solo cattivi pensieri/Il ricordo di un’estate che si arena sulla spiaggia/Come collanine rotte sulla sabbia”, per non dire del clamoroso incipit: “Mi chiedo cosa lascerà /L’estate dopo il suo rumore/Dopo un’attesa così lunga per raggiungerla/Non sembra mai così speciale”. Al successo del brano, uno dei tormentoni “alternativi” del periodo, contribuì enormemente anche il video girato sulla spiaggia di Vieste, che rendeva benissimo il tema della canzone.

Tra i solchi del disco era possibile tuttavia intravedere già  le potenzialità  da songwriter del leader, con episodi in odor di canzone d’autore, come l’obliqua e misteriosa “Caramelle”, la cadenzata”Nero” o la placida e dolce “Tu sei”; tendenza autoriale che diverrà  ben più marcata già  dall’album successivo e che si esplicherà  anche con la partecipazione di Leuzzi nel bel brano di Daniele Silvestri “A me ricordi il mare”, a certificare un certo pedigree del Nostro.

E’ indubbio però che a rimanere indelebili nella nostra memoria siano gli episodi più orecchiabili, il cui mix tra reggae, dub e pop elettronico raggiunge autentiche vette: è il caso dell’altro fortunato singolo “Amore al terzo piano”, il cui fragrante ritornello verrà  ripreso molti anni più tardi dai salentini Boomdabash nella canzone “L’importante” (che vede il featuring degli stessi Otto Ohm).

Anche la languida “Non perdiamoci di vista” faceva la sua bella parte all’interno della playlist, così come la poetica e intima “Voltare pagina” (alla quale spettava l’onere di inaugurare il disco), mentre l’animo più sperimentale dell’ensemble emergeva in particolare in episodi di stampo sociale come “Brucia Babilonia” o nell’intensa e paradigmatica “Telecomando”, che mostrava una faccia più consapevole e profonda.

Brano dopo brano, il lavoro si snoda alternando spesso e volentieri umori e atmosfere, e il bello in fondo sta proprio in questo, nella capacità  di non essere scontati, riuscendo anzi a stupire a più riprese l’ascoltatore.

A corroborare quanto appena detto, ci viene a sostegno la ghost track che segue dopo un paio di minuti di silenzio la conclusiva “Argilla”, evocativo e sfuggente strumentale che sfuma sulle onde del mare al minuto 4:16: “Primo maggio”, questo il titolo della traccia nascosta, si rivelerà  addirittura uno dei punti di forza dell’intero album, sia per il testo – tra i più diretti ed efficaci dell’intera produzione – che per la straordinaria musica, ricca e coinvolgente.

Un finale che non lascia indifferenti e che apriva le porte a un futuro per la band ancora tutto da scrivere. Nel frattempo erano già  giunti degli importanti riconoscimenti, come le candidature al P.I.M. quale miglior gruppo emergente e agli Italian Music Awards come “gruppo dell’anno”, oltre alla partecipazione a un lungometraggio di Sabina Guzzanti.

Più di ogni cosa però gli Otto Ohm erano riusciti a far breccia sia nel cuore del pubblico che in certa critica.

Una storia che sarebbe proseguita fra alti e bassi e cambi di formazione, passando anche per momenti di oblio, fino ai giorni nostri, spostando come detto in precedenza la traiettoria musicale verso territori vicini talvolta al mondo dei cantautori, pur non tradendo l’amore per il reggae e la rivendicazione di una sua diretta discendenza.

All’interno della loro discografia è facile imbattersi più volte in canzoni di livello assoluto, nel contesto del panorama italiano, e credo che, a conti fatti, gli Otto Ohm siano ingiustamente sottovalutati.

Almeno dal mio punto di vista, però, sono uno di quei gruppi la cui perfezione stilistica si può riscontrare sin dagli inizi di carriera, visto che in fondo in questo disco di debutto, di anni venti, si trovano già  ben sviluppate tutte le loro splendide intuizioni e peculiarità .

Otto Ohm ““ Otto Ohm
Data di pubblicazione: 1 ottobre 2000
Tracce: 12
Lunghezza:  53:15
Etichetta: NUN Entertainment/Edel
Produttore: Otto Ohm

Tracklist
1. Voltare pagina
2. Crepuscolaria
3. Amore al terzo piano
4. Caramelle
5. Telecomando
6. Tu sei
7. Non perdiamoci di vista
8. Qualcosa di più
9. Angeli franki
10. Nero
11. Brucia Babilonia
12. Argilla