Registrato nello studio californiano degli Eels a Los Feliz, “Earth To Dora” è il tredicesimo splendente album della band. Prodotto dal frontman Mark Oliver Everett, il disco vede la collaborazione di Mr E con Koool G Murder, The Chet e P-Boo.
Dal debutto di “Beautiful Freak” nel 1996, gli Eels hanno fatto tanta, tantissima strada. A onor del vero va detto che forse, più che parlare di una band vera e propria, si dovrebbe realisticamente parlare della strada fatta da Mark Oliver Everett, a.k.a E, vero perno centrale della band, nonchè unica vera costante del progetto musicale. Resta il fatto che da molti anni a questa parte gli Eels continuano ad essere una delle poche band in circolazione a sfornare dei lavori ponderati e brillanti, il cui comune denominatore è l’assenza di monotonia. Mai una nota, o una frase fuori posto: nessun elemento di un disco degli Eels viene mai lasciato all’azzardo. Nessun album è simile ad un altro ed “Earth To Dora” s’incastra in questo meccanismo alla perfezione.
Ad aprire le danze è “Anything For Boo”, la cui melodia ci fa sognare un amore vero, forse ingenuo, di sicuro totalmente disarmato. Chitarra, batteria e voce: tutto è molle e delicato. Il primo brano di “Earth To Dora” è, semplicemente, una dichiarazione a cuore aperto che il cantante srotola ai piedi dell’ascoltatore.
“Are We Alright Again” è, a detta di E, l’unica canzone all’interno del disco che sia stata concepita durante i giorni iniziali della pandemia di COVID-19. Il pezzo, scritto per la necessità di sognare ad occhi aperti durante la quarantena, racconta semplici speranze e visioni quotidiane. Passeggiare per strada, ascoltare il ronzio delle api, godersi il sole e domandarsi se in tempi come questi si può essere coraggiosi o solo semplicemente fortunati. La melodia scelta per “Are We Alright Again” non è grave, al contrario, ci conferma che il nostro paladino riesce ancora una volta a dare un tono favolistico alle cose, strappandoci magistralmente ad una realtà più che drammatica.
Degna di nota, in particolare per i più romantici, è la ballad notturna e ferita del disco: “Who You Say You Are”.
“Earth To Dora”, title track del disco, è forse, in un certo senso, il primo brano davvero spensierato dell’album. La canzone è il risultato di uno scambio di messaggi tra il cantante ed una vecchia amica, Dora, per l’appunto. “Earth To Dora” racconta il tentativo di E di tirare su il morale ad una persona amata: un gesto semplice, umano e spontaneo. A detta di Everett stesso, è stato proprio il riconoscere un potenziale fondamentalmente universale in tali messaggi ad avergli dato la spinta e la volontà di trasformare questo scambio di parole in arte.
Segue “Dark e Dramatic”, la ninnananna cupa del disco. Nonostante il pezzo ci confessi la preoccupazione legittima derivante dall’ essere innamorati di qualcuno che è troppo “Dark e Dramatic”, non riesce davvero a convincerci del tutto. I toni sono troppo delicati e sognanti e ci fanno pensare a tutto tranne che ad un pericolo romantico che ci aspetta dietro l’angolo.
In “Are You Fucking Your Ex”, Mr. E mette a nudo le proprie insicurezze e lo fa senza fronzoli, in modo distaccato. A parte il sorprendete xilofono, gli Eels affrontano la tematica armandosi solo di una base leggermente più blues rispetto ai toni del resto dell’album. Poi è la volta di “The Gentle Souls”, dove Everett rincara la dose e si dipinge ancor più placidamente come il cattivo della storia.
“Of Unsent Letters” ci abbraccia malinconicamente, con pochi accordi di chitarra ed una voce lenta ci sussurra metallicamente i rimpianti di un amore perso ed ormai troppo lontano. “I Got Hurt” segue la scia del brano precedente ed avvia il disco verso una chiusura pacata. Il dolore passato è innegabilmente il protagonista della canzone, ma sul fondo giace anche una lezione imparata ed una volontà di non ripetere gli stessi schemi negativi.
“OK” è un pezzo che si costruisce gradualmente. Lo fa raccontando in maniera più che convincente i demoni della depressione, veri e propri mostri che possono attanagliare uno spirito e tirarlo verso il fondo.
Quando l’epilogo dell’album si avvicina ecco che “Baby Let’s Make It Real” e “Waking Up” arrivano giusto in tempo per chiudere il cerchio e sovvertire il mood evocato dai brani precedenti. Una vena tenera e sognante prende inaspettatamente il sopravvento e riconferma in extremis quanto i contenuti delle canzoni degli Eels non siano mai banali o prevedibili.
“Earth To Dora” è un album coesivo e compatto, che non presenta sbavature. Per quanto mi riguarda, la vera magia del disco sta nell’incredibile capacità di armonizzare dolore, gentilezza, oscurità e calma in un prodotto diretto e sconcertantemente onesto. Non sono molti i musicisti che riescono a creare qualcosa di semplice, ma esatto. Gli, Eels, però, sono un esempio smagliante di quanto, talvolta, l’elementarità possa essere d’impatto.
La risposta, in fin dei conti, è chiara ed è facile da scorgere: “Earth To Dora” non è un album innovativo, la sperimentazione non è il nucleo di questo tredicesimo lavoro. D’altronde per la sperimentazione c’è stato e di sicuro ci sarà ancora tempo per gli Eels, (basti solo pensare ad un sacrosanto disco come “Souljacker”, ad esempio). No, “Earth To Dora” non racconta questa storia e non deve provare niente a nessuno. L’ultimo album degli Eels è un frutto autonomo ed elegante che ci permette di rilassarci in questi tempi bui. Un’impresa non da poco direi.
Credit Foto: Gus Black