Finita l’eperienza con la Creation Records il buon Alan McGee mette in piedi il progetto Poptones, etichetta che nasce per muoversi solo sul formato digitale, ma che ben presto inizia a sfornare CD, LP e 7″. L’avventura durerà  fino al 2007, anno in cui, per motivi economici, il rosso chiude baracca. Dopo aver citato 10 band della Creation che non meritavano quell’oblio destinato, purtroppo, a chi non ha la fortuna di stare sotto i riflettori principali, ecco che stavolta andiamo proprio a ripescare 10 gloriose (più o meno, dai) band made in Poptones. Anche in questo caso spiace che certi gruppi siano finiti nel dimenticatoio pur non meritandolo affatto. Ovviamente non citeremo gli Arnold (già  presenti nel precedente articolo sulla Creation), band e solisti dalla lunga discografia (e dalle tante etichette) come El Vez (l’Elvis messicano) e i veterani popedelici Outrageous Cherry, pesi massimi ancora in pista come i The Hives, (fiore all’occhiello dell’etichetta che affiancò la Burning Heart Records per lanciarli in UK) o una band quotata (e ancora attiva) come The Boxer Rebellion.

The Others
Sguaiati e selvaggi questi The Others riuscivano a dividere il pubblico e la critica: amati oppure odiati, nessuna via di mezzo per la band guidata da Dominic Masters. Il loro indie-rock è di quelli brucianti e rabbiosi, con uno sguardo alla franchezza del punk. Il primo album omonimo, uscito proprio per Poptones all’inizio del 2005, arrivò pure in clissifica intorno alla cinquantesima posizione. La band lasciò la Poptones a dicembre del 2005 per pubblicare nel 2006 il secondo album “Inward Parts” con la Lime Records.

Cosmic Rough Riders
Con questi suoni Alan va in estasi. I Cosmic erano un po’ la continuanzione del suo amore per i Teenage Fanclub. Anche in questo caso melodie solari, anni ’60, jangly-pop, Big Star e Beach Boys che incontrano la Scozia…cosa chiedere di più? “Enjoy the Melodic Sunshine” è una compilation delle cosette più gustose tratte dalle due uscite precedenti della band.

The Montgolfier Brothers
Eleganza e raffinatezza assoluta targata Mark Tranmer e Roger Quigley, che sotto il nome di The Montgolfier Brothers, per Poptones, pubblicheranno “Seventeen Stars” (2000) (in realtà  quella targata Poptones sarà  la ristampa dell’album, originariamente uscito, nel 1999, per Vespertine) e poi “The World Is Flat” (2002). Il duo fa della sobrietà  e dei gesti misurati una ragion d’essere. Sempre così pacati, mai qualcosa che li possa far reputare eccessivi. Malinconici, ombrosi e raccolti. Uscite di altissimo pregio e valore. Da recuperare anche “All My Bad Thoughts”, uscito nel 2005. Roger Quigley purtroppo è venuto a mancare l’anno scorso.

Ping Pong Bitches
Oh lo sappiamo bene che il rosso si diverte un mondo con le chitarre ma anche con i suoni della disco. E allora ecco spiegata l’infatuazione per queste simpatiche (ma non particolamente esaltanti, qualitativamente parlando) Ping Pong Bitches che, nel 2001, piazzano il loro EP ominimo per la Poptones. Electroclash che vede pure Steve Jones dei Sex Pistols e Phil Manzanera dei Roxy Music a dare una mano. Nel 2007 uscirà  l’esordio “Alphadog”.

Captain Soul
Cercate qualcosa di dolce e rassicurante come colonna sonora? Qualcosa che porti a galla il vostro amore per il guitar pop più classico? Perfetto, ecco che i Captain Soul faranno al caso vostro. Due sono le uscite marchiate Poptones, ovvero “Beat Your Crazy Head Against The Sky” (2001) e “Jetstream Lovers” (2003). Musica davvero deliziosa, con la West Coast nel cuore e nella mente, la California degli anni ’60 come meta utopica da raggiungere, Rickenbacker che svettano, santini di Beach Boys e Flying Burrito Brothers nella tasca dei jeans.

Beachbuggy
Aveva sempre ottimo gusto nello scegliere ottimi cavalli da corsa nel mondo dell’indie-rock il nostro Alan. La sua scommessa erano questi sagaci Beachbuggy. Dopo l’esordio “Unsafe..At Any Speed” (1998) eccoli approdare su Poptones per “Sport Fury” e “Killer-B” (2003). Un cantante ossessionato dalle auto e una passione per The Fall, Pixies e Sonic Youth. Un po’ rockabilly e un po’ garage, si meritarono ottime recensioni. Insomma roba che sa portare a casa più di un convinto applauso.

Tecnique
Potremmo dire che McGee si era trovato le fanciulle sul groppone fin dalla Creation, ma non sarebbe neanche esatto dire così perchè pare una convivenza forzata, cosa che non è, visto che Kate Holmes (metà  della band insieme a Xan Tyler) era la moglie del rosso. Synth-pop davvero easy, che, come si può intuire, prendeva il nome dai New Order. Il disco “Pop Philosophy” doveva già  uscire per Creation, poi vide la luce per Poptones nel 2000. Neinte per cui strapparsi i capelli, ma lievi brezze pop più che radiofoniche anche piacevoli.

The Paddingtons
Se non sbagliamo i cari Paddingtons un po’ di anni fa si sono pure riformati, ma ammetto di non sapere se ora sono ancora in pista. Sta di fatto che nel 2005 la Poptones pubblicava “First Comes First”, l’esordio di questi ragazzotti in cui l’amore per Clash e Sex Pistols emergeva bello forte. Alla produzione c’era addirittura Owen Morris, storico produtore anche degli Oasis.

Sing-Sing
Prima di arrivare alla Poptones le Sing-Sing pubblicano anche per Bella Union e Firce Panda. L’esordio però, molto atteso, arriva grazie al rosso. “The Joy of Sing-Sing” è datato 2001. Quando parliamo delle Sing-Sing andiamo a toccare il lavoro di Lisa O’Neill ed Emma Anderson (si, ovviamente quella dei Lush). Il disco fu accolto molto bene, perchè variegato e ricco di ottimi spunti pop, capaci di abbracciare pulsioni più elettroniche quasi alla Garbage, senza però dimenticare un retrogusto indie-pop vagamente etereo. Melodie sempre azzeccate e arrangiamenti scintillanti. Insomma un disco pop assolutamente da riprendere in mano.

January
La chiusura spetta a quella che è ufficialmente la mia band preferita della Poptones e, lo dico con sincerità , anche uno dei gruppi che più amo in assoluto. “I Heard Myself In You” (2001) e “Motion Sickness” (2002, non per Poptones) sono due album magnifici che consiglio vivamente di avere nella propria discografia casalinga. Una band di una delicatezza più unica che rara. Simon McLean apprende dalla scuola scozzese dei Teenage Fanclub, ma anche da quella dei Travis più morbidi e avvolgenti e mescola questa base sonora con le magie di eroi come i Ride del terzo album o i Mojave 3. Ne risulta un sound affascinante, con quel gusto guitar-pop scozzese e britannico ma capace di guardare, con affetto e competenza, ai deserti solitari americani, quelli sconfinati e dagli spazi ampi in cui perdersi. Un gruppo che avrebbe meritato lodi infinite. Purtroppo non andò così.