Se qualcuno mi avesse detto, un anno fa, che mi sarei ritrovata a passare un sabato sera tenendo d’occhio l’orario sul cellulare per poter rientrare a casa, in tempo utile, per guardare il live streaming di un concerto, non gli avrei mai creduto. Tuttavia, come una moderna Cenerentola in piena pandemia, è esattamente ciò che mi sono ritrovata a fare questo 13 febbraio.

Armata d’insalata patate, tonno e fagiolini e di un cavo HDMI, mi sono connessa ed ho aspettato di ottenere l’accesso al concerto di presentazione del nuovo album dei Mogwai, “As the Love Continues”.

Alle 21.00, ecco che il semplice atto di cliccare su un link dovrebbe trasportarmi al Tramway, location prescelta dalla band per trasmettere il live da Glasgow. La delusione però, per quanto non scottante, non tarda affatto ad arrivare. Infatti, quello sbandierato come “live” dalla Rock Action, risulta essere nient’altro che un video preregistrato e poi caricato su Youtube (del quale, tra le altre cose, riesco a vedere perfettamente anche la durata totale).

Diciamo che, se già  l’idea di dover vedere un concerto in streaming non mi entusiasmava molto, una volta scoperto il formato finale confezionato per la performance, mi sono cadute ulteriormente le braccia. Consapevole, però, del fatto che non riuscirò a tornare magicamente ad assistere ad un concerto dal vivo molto presto, mi sono armata di buona volontà  ed ho deciso di concedere al “live” dei Mogwai il beneficio del dubbio.

Filmato e diretto da Antony Crook, lo streaming di presentazione di “As the Love Continues” prevede l’esecuzione integrale del nuovo album, del quale sono stati anticipati, per il momento, solo due singoli.

Una location raccolta, dal fascino glaciale, al Tramway di Glasgow la scenografia è tanto spoglia quanto efficace. La band appare quasi sempre sfocata in controluce, illuminata da luci basse e nebbiose, intervallate, talvolta, solo da violenti flash improvvisi.

Il live parte immediatamente con delle sonorità  sfuggenti e sovrapposte, confermando come non sia, fin dal primo momento, nient’altro che l’inafferrabilità  il perno centrale del nuovo lavoro. “Dry Fantasy” arriva, ben riconoscibile, con la sua atmosfera sospesa e molle, avvolta attorno ad un tema chitarristico centrale, ripetuto per tutta la durata del brano. Accompagnata da luci bianche, che ne sottolineano la sensazione di vaghezza, “Dry Fantasy” cede il passo al secondo singolo estratto dall’album: “Richie Sacramento”. L’illuminazione si sfina drasticamente ed ora sono le lame di luce a sostenere tutto il peso dell’unico pezzo che possa vantare un ritornello quasi accattivante. Interamente cantata, “Richie Sacramento” riecheggia, nella sua formula interna, di toni rimpastati ed, in un certo qual modo, già  ascoltati nei dischi precedenti.

“Fuck Off Money”, probabilmente una delle migliori dell’album, vede la voce metallica di Berry Burns circondata da un fumo rosso che apre il passaggio ad un’escalation notturna e grezza. Con “Ceiling Granny”, “Drive the Nail” e “Pat Stains” le chitarre impennano e si distorcono, esaltate da luci impazzite che rimbalzano sui mattoni a vista, che s’intravedono alle spalle della band.

Durante tutto l’arco del live, l’impronta tipica e coerente dei Mogwai è più che evidente. La capacità  della band di creare intere strutture sonore attorno a poche note sapientemente selezionate si riconferma, di sicuro, grazie anche a quest’ultimo lavoro. Lanciarsi dietro ad una mitezza sbandierata, una melodia appena accennata, per poi afferrarne l’essenza, contorcerla e portarla all’estremo, resta ancora l’infallibile marchio di fabbrica dei Mogwai ed in questo senso, va detto assolutamente, che gli scozzesi non hanno ancora eguali.

Una volta terminata la scaletta di “As the Love Continues”, Braithwaite e compagni decidono di rispolverare brani come “How To Be a Werewolf” e “Like Jerod”.  è, paradossalmente, proprio grazie alla spirale di luci e buio, alle distorsioni di chitarra ed ai piani sequenza allucinati, che mi viene onestamente da pensare a quanto, seppur fantasticamente eseguiti, quei pezzi non riescano a comunicarmi le stesse sensazioni provate quando vidi dal vivo i Mogwai  all’Italsider di Bagnoli, in un’estate rovente di quelli che mi sembrano, ormai, anni fin troppo lontani.

Il live si chiude proprio in questo modo, con le luci che calano e le ombre dei Mogwai che svaniscono lentamente sul palco di una delle tante music venues attualmente deserte. Solo sul finale, gli applausi spontanei ed entusiasti dei tecnici presenti al live riescono a farmi sentire, per un brevissimo istante, incredulamente, parte di un pubblico, e mi riportano, forse un po’ troppo crudelmente, ai tempi che furono e che spero ritornino molto presto.