E ti trovavi così di fronte ad un disco per bambini. Effettivamente nel 2011, dopo che ogni genere è stato sviscerato in lungo e in largo e le “novità ” vere e proprie si riducono ai vari revival dei decenni passati, si cerca sempre più di virare verso strade particolari come questa. E Kathryn Williams, artista folk britannica che ricorderete per il discreto disco di debutto “Little Black Numbers”, deve aver trovato l’ispirazione in qualche fatto personale, ad esempio la maternità (l’indie gossip su web parla di un disco scritto per intrattenere il bambino), più che in fatti meramente commerciali/economici. Lo si può asserire dal momento che questo prodotto non risulta particolarmente vendibile, vuoi per l’assenza di tormentoni o di ritornelli veramente orecchiabili, e anche per la struttura molto vaga di molti pezzi, che si sporca di tinte di ogni tipo, dal crooner, all’hip hop (soprattutto l’hip hop) e, in alcuni momenti, il punk rock, tessendo una rete non così facile da districare e digerire per l’ascoltatore medio-basso.
Il progetto The Crayonettes nasce infatti dall’unione della Williams con Anna Spencer, già nei Delicate Vomit, band che si trova agli antipodi rispetto a quanto propone stavolta. Nonostante i suoi influssi punk, i momenti in cui questo genere la fa da padrone si riducono ad un solo pezzo, che è anche uno dei più riusciti: trattasi di “Pirates On The Bus”, breve e scompigliata tirata che lascia spazio per l’unica volta a tonalità garage che sollevano per un momento il segmento ritmico del disco. A dire il vero, ascoltando questo pezzo dopo essersi sparati in vena i primi due dischi degli Yeah Yeah Yeahs, la differenza si noterà poco, se non per il sound più elaborato di Karen O e soci.
Per quel che riguarda il resto dei pezzi, la cosa più importante da notare è la scelta di testi ironici ma sempre concepiti per il mondo dell’infanzia: si parla di lavarsi i denti, di pirati sul bus, di robot nella pioggia, di ballare sulla luna, con un tipo di lessico e di cadenza melodica che ricorda proprio quello delle filastrocche e dei motti per bambini più celebri. Se esaminiamo invece l’aspetto più prettamente musicale, ad influenzare questi brani ci pensa soprattutto il folk americano, e i due episodi che più ce lo sbattono in faccia senza pietà sono “Disco Teeth” e “Sweet On The Floor”, quest’ultima soffusa e malinconica ballad che in certi momenti assomiglia molto a una delle più celebri ninne nanne.
Allora, se abbiamo un disco per bambini che sembra non avere niente di originale, perchè ascoltare “Playing Out: Songs For Children and Robots”? Molto semplice. La Williams e la Spencer sono riuscite nel nobile intento di riportare al fruibile la musica per bambini, nel senso che hanno trovato, con questo lavoro, una miscela esplosiva di hop minimale, folk e riff di chitarra semplicistici ma d’effetto, che si adatta facilmente ai gusti di chiunque, utilizzando per altro un tipo di testi che pur senza un valore letterario vero e proprio si possono contestualizzare dentro ad un mondo completamente diverso, dove li puoi valutare per il pubblico a cui sono rivolti, e questo aspetto gioca a loro favore.
Non sarà la rivelazione dell’anno, ma è senz’altro un album godibile e, quantomeno, inaspettato.
2. Disco Teeth
3. Rainy Day
4. Hopscotch
5. Emergency
6. Sweet On The Floor
7. Let’s Dance On Moon
8. Spooky Way Home
9. How Hot Is A Toad?
10. Pirates On The Bus
11. Illegal
Ascolta “Robots In The Rain”