Sono trascorsi venticinque anni dallo storico secondo album dei Modena City Ramblers: “La grande famiglia” vedeva infatti la luce il 19 febbraio 1996, ma a ben vedere, come spesso accade quando ci si rapporta con album immersi nel loro tempo, sembrano molti di più.

Al periodo lo scenario politico e sociale era molto differente rispetto ad oggi, e col berlusconismo dilagante da una parte e i suoi fieri oppositori dall’altra, tanti giovani evidentemente appartenenti alla sinistra avevano bisogno di una voce che desse adito ai loro sentimenti e propositi.

Il termine combat folk non nasce certo con l’ensemble modenese, visto che i mitici Gang con il bellissimo “Le radici e le ali” avevano già  dato il là  alle danze, mischiando sapientemente impegno e recupero delle tradizioni, ma è indubbio come sin dall’epocale esordio (quel gioiello intitolato “Riportando tutto a casa”) sia invero stato affibbiato a Cisco e compagni e identificato con quanto da loro proposto.

Sono proprio i Modena City Ramblers infatti che codificano e amplificano il genere, facendosi assoluti portavoce di tante istanze che, pur non disdegnando leggerezza e spirito goliardico (che emerge forte anche in questo altrettanto brillante seguito), riguardano da vicino le storie della nostra Penisola, con un occhio attento sulla Resistenza e il lodevole perpetrare della memoria, in un momento storico – come quello di metà  anni novanta – dove l’intolleranza (anche razziale) sembrava farsi nuovamente largo, rievocando quindi vecchi incubi che si ritenevano scacciati per sempre.

Questo entrare a gamba tesa sullo scenario politico e sociale (esemplificative le varie “Quarant’anni” o la loro versione di “Contessa” presenti nel disco d’esordio) aveva contribuito a decretarne il successo, lasciando tuttavia strascichi e facendo emergere le prime crepe in seno al gruppo, tanto da farvi allontanare per sempre la sua prima riconoscibile (e bellissima) voce, quella di Alberto Morselli.

Il cantante sassolese – che al pari degli altri fondatori Alberto Cottica e Giovanni Rubbiani, principali compositori dei brani, proveniva dai seminali Lontano da dove – era ormai divenuto insofferente alla politicizzazione del gruppo e se ne andò proprio quando si stavano iniziando a raccogliere i primi meritati frutti di tanta gavetta.

I Modena però nel 1996 erano diventati un’unità  granitica e seppero così sopperire a quella dolorosa partenza, responsabilizzando in toto l’altro giovane vocalist, Stefano Cisco Bellotti, assurto sempre più a “uomo immagine”, frontman credibile proprio a partire da questo album.

Per molta critica “La grande famiglia” è probabilmente un lavoro meno interessante del precedente e la stessa band ha affermato che contiene episodi un po’ troppo alla “volemose bene” ma onestamente l’ho sempre ritenuto troppo severo come giudizio e in ogni caso riferito “a posteriori”, visto che quando lo ascoltai la prima volta personalmente fu in grado di conquistarmi dalla prima all’ultima traccia, coinvolgendomi in egual misura con i suoi bellissimi testi e le magnifiche musiche .

Testi, ad opera del già  citato chitarrista Giovanni Rubbiani, per molti versi baciati dal fuoco sacro della poesia, senza per questo ricorrere a termini aulici o astruserie, a trattare indistintamente storie di amicizia, ricordi, amori vicini e lontani, la guerra, la vita di strada e, perchè no?, l’essere parte di un gruppo, di una comunità .

E che dire delle musiche? Ancora indubbiamente memori della lezione irlandese (per via di uno sconfinato amore per la magica Isola Verde) ma rivolte anche al recupero di certo folk di matrice sudamericana e balcanica (elementi che verranno apertamente messi in luce nel successivo album “Terra e libertà ) e che mostravano al contempo una chiara discendenza con la nostra grande tradizione cantautorale (come si evince dalla riuscita cover de “La locomotiva”, cantata da Cisco in coppia con Marino Severini dei padrini Gang).

L’emblematico titolo dell’album allude ai tanti compagni di viaggio incontrati nel loro percorso musicale e di vita, e proprio la scatenata title track è davvero paradigmatica in questo, certificando inoltre il senso di comunanza tra i Modena City Ramblers e la propria gente; stesso concetto ripreso ma con tutt’altra attitudine nel brano conclusivo “La mia gente” che chiude il tutto con un velo di malinconia.

Il viaggio inizia con “Clan Banlieue”, una vera canzone manifesto, irresistibile e vera (nel vivace video compare il violinista Francesco Moneti che aveva sostituito in corso d’opera Marco Michelini) e procede con la già  citata “Grande famiglia”, (in entrambe a dar vigore simil punk contribuiscono il fiero drumming di Roberto Zeno e i ficcanti interventi del polistrumentista Lucio Gaetani) fino al primo doveroso momento di pausa, affidato a una clamorosa ballad che nelle intenzioni avrebbe dovuto rinverdire i fasti delle celebri sorelle maggiori “In un giorno di pioggia” e “Ninnananna”.

“Canzone dalla fine del mondo” assolve alla grande il compito e mostra gli evidenti progressi canori di Bellotti a suo agio anche in questi caldi e profondi registri, per quella che è a tutti gli effetti un’ altra autentica e riuscita ode all’Irlanda.

La successiva “Santa Maria nel pallone”, con la preziosa partecipazione dell’ugola d’oro Mara Redeghieri (cantante dei corregionali àœstmamò) è forse invecchiata un po’ male a livello di tematica (o magari non si poteva prevedere come il fenomeno del calcio sarebbe diventato sempre più compulsivo e simile a uno show) ma all’epoca aveva il suo perchè, mentre lo struggente intermezzo de “L’aquilone dei balcani”, ad opera del bassista Massimo Ghiacci, fa da preludio in modo quasi ossimorico al primo momento veramente goliardico del disco, con “Le lucertole del folk” (che vede la partecipazione dell’attore Paolo Rossi) ancora incentrato in modo parodistico sulla vita da band.

La solida scaletta procede tuttavia in maniera un po’ schizofrenica, e così a seguire si ascolta l’impegnata “Giro di vite” prima del tuffo nella memoria con la splendida doppietta “La mondina/The Lonesome Boatman” (un brano tradizionale con protagonista il Coro delle Mondine di Novi e l’evocativo flauto di Franco D’Aniello) e “Al Dievel/La marcia del Diavolo”, commovente tributo al partigiano Germano Nicolini, alias il Comandante Diavolo, scritto da Ghiacci e Cottica.

“Il fabbricante dei sogni” è il classico ritratto alla Mcr di un personaggio legato a un’idea pura di sogni e libertà , mentre “La banda del sogno interrotto” ne fa da contraltare, raccontando una concreta storia di riscatto e dignità , per uno dei brani divenuti in pratica un istant classic del gruppo.

La cover gucciniana è piuttosto fedele all’originale, solo più spruzzata di combat folk, mentre con la toccante “L’unica superstite” i ragazzi si confermano abilissimi nel tratteggiare vicende legate alla Resistenza, in questo caso attingendo all’esperienza diretta visto che la piccola Lilli raccontata nel brano, sopravvissuta alla strage della Bettola, altro non è che una zia del fisarmonicista Alberto Cottica.

Dopo un brano così denso di significato e di spessore, i Ramblers tornano a raccontare storie leggendarie del territorio, ancora facendosi supportare dall’istrionico Paolo Rossi che interpreta “La fola del Magalas”, facendoci strappare più di un sorriso.

Prima del “ritorno a casa” con “La mia gente”, c’è tempo ancora per un inatteso, magnifico colpo di coda, rappresentato da “La strada” e i suoi accorati versi dedicati al partente Alberto Morselli: “Buon viaggio hermano querido/E buon cammino ovunque tu vada/Forse un giorno potremo incontrarci/Di nuovo lungo la strada”.

I Modena City Ramblers ormai erano veramente in viaggio, a percorrere una strada entusiasmante che li avrebbe condotti molto lontano, sempre spalleggiati da un pubblico fedele e numeroso che si identificava appieno nelle loro canzoni, trascinanti e appassionanti insieme, capaci di scuotere ma anche di far riflettere, e soprattutto emozionare.

Data di pubblicazione: 19 febbraio 1996
Tracce:  15
Lunghezza:  53:37
Etichetta: BlackOut/Polygram
Produttore: Kaba Cavazzuti (artistico), Valerio Soave (esecutivo)

Tracklist
1. Clan Banlieue
2. Grande famiglia
3. Canzone dalla fine del mondo
4. Santa Maria del Pallone
5. L’aquilone dei Balcani
6. Le lucertole del folk
7. Giro di vite
8. La mondina/The Lonesome Boatman
9. Al Dievel/La marcia del Diavolo
10. Il fabbricante dei sogni
11. La banda del sogno interrotto
12. La locomotiva
13. L’unica superstite
14. La fola del Magalas
15. La strada
16. La mia gente