Forse avremo il nostro sollievo quando un corvo ci beccherà nelle viscere. Godremo come cavalli liberi nella taiga, quando ci accorgeremo di essere avvolti da stormi di uccellacci neri ed ispidi che seviziano la nostra carne. Sarà un delirio di gioia e dolore, un’elegia che innalza il male santificando il suo contrario. Sarà un brutto sogno dal quale non potremo fuggire, mentre su visioni lacerate di tramonti sconnessi si abbatterà una musica sradicata dal suo tempo, un unguento beato che pesca
nell’inquietidune regalando bellezza.
Gli Shearwater sono diventati una band adulta a tutti gli effetti, da side-project di Jonathan Meiburg, sono cresciuti trasformandosi in entità vitale, forte, talmente robusta da strappare il virtuoso pianista e polistrumentista agli Okkervil River. In “Rook” sdoganano definitavemente quelle atmosfere incerte e claustrofobiche degli album precedenti, indirizzando il loro sguardo verso composizioni asciugate da pesanti orpelli e gingilli abbaglianti, giungendo al cuore della melodia.
Canzoni dal taglio netto, avvinghiate disperatamente attorno ai chiaroscuri vocali di Meiburg, che si fa continuatore di una tradizione di giovani crooner dalla voce lucente, nitida, spaziosa, drammaticamente sospesa alla ricerca di levità assolute. Chitarre, glockenspiel, vibrafoni, banjo, viole, violoncelli e trombe epiche squarciano la via a suggestioni che conducono dalle parti di Mark Kozelek e Jason Molina (“Home Life”), rischiarando con candore ossessioni buie ed orizzonti affogati nel rosso acceso del crepuscolo. Suonano archi che accompagnano chitarre acustiche in indolenti ballate intrise di dolciastra malinconia (“I Was A Cloud”), s’inseriscono pianoforti e chitarre elettriche che induriscono il suono come nelle esplosioni della pirotecnica apertura (“On The Death Of The Water”).
Come una musica che si espande da un grammofono d’inizio secolo lasciato a gracchiare solitario tra le anse dell’ultima casa di legno sulla scogliera, così un senso di solitudine inquieta s’acquatta dolcemente tra i solchi di questo disco eccellente.
I corvi (‘rook’ in inglese, ndr.) girano circolari sopra le nostre teste come nel peggior incubo, virano tra le fronde degli alberi attorno, mentre un’orchestra, – gli Shearwater rigorosamente vestiti con ossequiosa eleganza ricercata – suona per il nostro funerale: non mi sono mai sentito meglio.
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2. Rooks
3. Leviathan, Bound
4. Home Life
5. Lost Boys
6. Century Eyes
7. I Was A Cloud
8. South Col
9. The Snow Leopard
10. The Hunter’s Star
SHEARWATER su IndieForBunnies: