Il prossimo 16 aprile, via Santeria Records / Audioglobe, esce “La Bella Stagione”, il secondo album di Don Antonio.
Sei anni dopo avere messo nel cassetto il progetto Sacri Cuori, quattro dopo il disco di debutto come Don Antonio e tre dopo l’avventura americana di The Crossing insieme ad Alejandro Escovedo, Antonio Gramentieri rimette in pista il suo alter-ego Don Antonio con un nuovo progetto fra musica e parole.
“La Bella Stagione” è il primo disco in cui Don Antonio va oltre la formula della musica cinematica-strumentale e si cimenta con canzoni in italiano. Le dieci tracce del disco sono storie che esplorano memoria, esperienze, paesaggi e visioni. Un disco asciutto, realizzato nella sala di incisione de L’Amor Mio Non Muore e finalizzato a Nashville. Un disco prodotto insieme a Roberto Villa e a Ivano Giovedì che, come in un flusso di coscienza autobiografico, anche nel suono “tocca” molti dei mondi e delle epoche vissute da Don Antonio. I folklori e i synth dei primi ’80, le melodie ariose e le partiture contemporanee.
“La Bella Stagione” è un disco di canzoni in italiano e una raccolta di racconti brevi. Non sono la stessa cosa, e non escono necessariamente insieme ma hanno un legame chiaro, e anche una loro autonomia. Le storie de “La Bella Stagione” sono tutte vere. Parlano del passato e della maniera in cui il passato si ripresenta e incide sul presente.
Le canzoni de “La Bella Stagione” sono state composte nel giro di due anni, prevalentemente in tour e nelle pause dei tour, scritte in parallelo ai racconti del libro e registrate in poche settimane in Romagna, allo studio L’Amor Mio Non Muore con una formazione molto ristretta (Roberto Villa al basso e chitarre, Nicola Peruch a pianoforti, synth e organo e Dani Marzi alla batteria). Altri musicisti si sono aggiunti dopo (Arianna Pasini alle voci e chitarre, Piero Perelli e Vince Vallicelli alla batteria, Pepe Medri al bandoneon e sega musicale, gli archi curati da Vanni Crociani, i cori con Denis Valentini e Daniela Peroni), ma sempre in un contesto molto intimo, con molta attenzione a non stratificare troppo. La natura analogica de L’Amor Mio Non Muore, ha prerogative (e limiti) che rendono quel luogo quasi un laboratorio di approccio filosofico alla musica e alla registrazione, più che uno studio. Sono state registrate venticinque canzoni e ne sono rimaste dieci (dodici con i due inediti dell’EP). Il missaggio è stato curato da Ivano Giovedì e Roberto Villa, la masterizzazione da Jim DeMain a Nashville. Il progetto grafico è di Sara Paioncini su foto di Cesare Gramentieri.
Qui sotto intanto potete ascoltare il primo estratto, “Batticuore”.