Ho incontrato Rachele Bastreghi solo una volta, prima di questa intervista. Mi trovavo al firmacopie dell’ultimo album dei Baustelle “L’amore e la Violenza – Vol.2”. Momento molto cringe quello che si sviluppa quando le chiedo di abbracciarmi: lei, con modi molto pacati e gentili, alza la testa e mi risponde con un velato “no“.
Sono passati tre anni da quell’incontro e mai mi sarei aspettato di incontrare di nuovo la colonna portante del gruppo di Montepulciano. Ero molto curioso di questo suo primo progetto solista: proprio per questo ho preso l’impegno, con ardua responsabilità , di non solo recensire il suo lavoro “Psychodonna“, ma anche di “scroccarle” un’intervista vis à vis (o Zoom à Zoom).
Lei una persona adorabile, timida e anche impacciata a volte: si presenta con una bellissima dichiarazione di sudore e caldo ( “sono venuta in bicicletta e…“) per poi sedersi e dare il via alle danze alle domande del sottoscritto (ma anche di altri tre giornalisti).
Il tutto ovviamente parte proprio dalla domanda base: come nasce questo tuo progetto?
Nasce da un’esigenza mia personale, da un mio desiderio umano e anche artistico. Avevo bisogno di buttarmi fuori nel mondo, da sola forse, uscendo quindi dalla mia confort zone. Mettermi alla prova su determinate dinamiche, aspettando però il momento giusto perchè, per la musica soprattutto, sono pignola. In questo disco ho dedicato molto tempo alla costruzione, prima di pancia, poi con la vera pratica strumentale (arrangio, scrivo etc.). Io cerco quello che devo dire con il mio linguaggio, altrimenti se non trovassi niente da dire me ne starei zitta.
intermezzo in cui io sorrido, lei mi chiede di non ridere e mi confessa che pensava fossi Colapesce (fin qui tutto bene direi, no?)
Hai definito questo lavoro un “volo intimo e faticosamente libero” nella dimensione femminile. Quanto serve un manifesto così forte come il tuo in questo periodo, dove anche lo stupro di una ragazza viene messo in discussione?
Guarda, io parto dall’intimo. Se una persona si mette in discussione, finisci anche per parlare di cose universali. Qua il fatto politico viene dopo, io sono una donna e ho fatto le mie esperienze anche con i maschi. Ho sempre respirato un animo maschile, in me molto forte. Quello che respiro e guardo ti fa sentire impotente e quindi io posso parlare di quello che ho passato, della mia esperienza, di cose che mi riguardano. Le figure femminili che ho avuto accanto mi hanno dato la spinta per combattere il sistema. La donna ora fatica ad essere sè stessa. Non vado a fare la rivoluzione nelle piazze (anche se vanno fatte sempre), ma è un modo per dire che io ci sono, che faccio questo e ne vado fiera. Magari dò il coraggio a qualcuna per farlo a sua volta. Siamo donne, siamo anche complesse e voi maschi non avete voglia di capirci e per questo ci mettete da parte.
Ci sono molte collaborazioni, soprattutto femminili come Meg, Chiara Mastroianni e Silvia Calderoni. Come vi siete incontrate?
In un disco che parla di me, della mia anima al femminile, ho avuto la possibilità di pensare a chi volevo vicino. Le collaborazioni nascono anche nel momento in cui scrivo la musica. Con Meg ho proprio chiesto di lei, mi serviva una voce rappata e le avevo intimato “o te o nessuno”. Silvia, invece, rappresenta la mia parte feroce e fisica. Quando sono sul live, sul palco, si muove tutto e quindi è una cosa che sento. Queste donne sono tante parti di me che mi abitano tutti i giorni.
Capisci di non essere ordinaria, “Not For Me” è la consapevolezza di andare controcorrente fregandosene delle etichette sociali. Cosa significa per te “essere non ordinaria”?
Il senso di non essere ordinaria è una presa di coscienza. Forse un mea culpa, dopo un’analisi interiore. Non amo le regole, amo il disordine con tutte le possibilità di sbagliare legate al sentirsi anche liberi. Mi è venuto dal cuore, forse in quei giorni avrò sentito qualche notizia. “No Omofobia, no Indifferenza“, dette dalla mia amica Gloria, sono le cose che mi fanno più paura perchè distruggono l’empatia.
“Fatelo con Me”: con questa cover della Oxa dici di tirar fuori il coraggio: alla fine quindi di questo lavoro come “Psychodonna” pensi di esserci riuscita?
Intanto ho deciso di mettere nel disco questa cover perchè volevo divertirmi, e si sente appunto nella canzone. Mi ero gasata tanto, ed è venuta fuori in modo naturale. Si lega a temi come la lotta contro il pensiero retrogrado, maschilista. Quindi, quando fai lavori del genere (relativo all’album) trovi salite e discese ma io rimango sempre con un pensiero ottimista, consapevole perchè sai che c’è sempre una ripresa. Ogni passo non è inutile.
Qual è stato lo sforzo più grande nella realizzazione di questo album?
Oggi (ah ah ah ah, scherzo). Allora la fatica è il mio motore, e lo accetti. Mette in moto delle cose intime e profonde. La fatica si lega alle emozioni, alle persone e ai rapporti che ho. La musica per me è la cosa fondamentale. Ho deviato, non ho risposto molto alla domanda.
Tranquilla, in verità mi hai risposto. Parlando di “Resistenze” tu torni da tua madre e da tuo padre in un finale molto forte dal punto di vista emotivo. Me ne vuoi parlare?
Quando sei sfinito realizzi che non sai più chi sei e allora ritorni come dici tu. Ti guardi dentro, torni all’infanzia, alla casa di origine per riavere quel calore di cui hai veramente bisogno. La vedo molto come una rinascita, un tornare indietro per sapere andare avanti e crescere.
Il tutto poi verte sul ritorno dei Baustelle con un nuovo album, ma per fortuna Rachele mette le mani avanti dando prova del fatto che ora è lei sola a dirigere la baracca per il suo album, e non con altri. Quello che vuole ora, per questo progetto, è poter tornare su un palco a suonare. Qualsiasi palco.
Quindi diciamo tour 2022?
Io spero anche 2021, ma i club dove vorrei suonare sono più propensi al prossimo anno. Fare qualcosa in streaming no: non mi sento me stessa, non riesco a condividere tutto il mio mondo. Se scrivessi una canzone piane e voce, forse, ma se devo descrivere il mondo in cui mi trovo no. Voglio persone davanti. Nel caso facciamo da un terrazzino, a Milano, anche se la vedo dura. Cantiamo tutti “Azzurro” come l’anno scorso!
E con questo revival dei tempi pandemici passati (ma ancora vicini) ci salutiamo, promettendoci a vicenda di ritrovarci sotto palco. Molto presto.
Credit Foto: Elisabetta Claudio