8 ai Fightmilk? Ma davvero? Eh si, assolutamente. Lo meritano i ragazzi londinesi capitanati dall’inconfondibile voce di Lily Rae (che meriterebbe un bel capitoletto in fase di recensione per come modula alla perfezione il suo timbro e per come gestisce grinta, acuti e dolcezza), perchè sono riusciti a completare alla perfezione il processo di maturazione che il già  pregevole esordio metteva in luce rispetto ai primissimi passi. I Fightmilk sembravano davvero essere in rampa di lancio con il primo disco “Not With That Attitude” ma il passo in avanti compiuto ora, nel secondo capitolo discografico, per qualità  e solidità  della scrittura va oltre ogni rosea aspettativa.

Il power pop della band tocca livelli altissmi, sopratutto di assoluta fluidità  delle melodie, costruite per entrare immediatamente in circolo, ma senza lasciarsi andare a banalità  o furbizie da radiofonia di bassa lega. La costruzione delle canzoni si muove quindi in territori avvincenti e solari, smarcandosi però dai clichè del pop-punk. Scanzonati ed eccitanti i Fightmilk sono dannatamente catchy e pop, lasciando sempre segni indelebili. Ecco dove sta la perfezione, proprio qui. La band alza il volume delle chitarre e ci spinge ad esaltarci, per toccare una metafora ciclistica, in discesa (campo dove tutto potrebbe sembrare più facile per il piglio dei ragazzi), ma sa affrontare anche qualche salita in terreni agrodolci senza sfigurare affatto, con gli ascoltatori che ancora tremano dall’esaltazione, incapaci di frenare l’entusiasmo per quello che stanno sentendo.

Lo chiamate power-pop? Lo chiamate pop-punk? Lo chiamate guitar-pop? Non sbagliereste in nessun caso, ma vi prego aggiungete l’aggettivo trionfale ad ogni definizione, perchè qui è necessario.

Ogni canzone avrebbe di che essere citata per qualche particolare che manda letteralmente fuori di testa: dallo stop di “Hey Annabelle!” in cui ci troviamo voci, coretti e battimani, il giro di chitarra pazzesco di “The Absolute State Of Me”, i profumi anni ’80 di “Girls Don’t Want To Have Fun”, il ritornello così puro e cristallino di “Maybe” mentre la batteria scandisce il tempo in modo pazzesco sotto la voce di Lily o ancora la nostra fanciulla che spinge cuore e polmoni oltre ogni limite in “Cool Cool Girl”. Io sono in estasi.

Qui ce la giochiamo per l’album dell’anno.