Lavoro sfacciatamente sublime. Come la sua protagonista. Classico esempio di aspettative soddisfatte? Certamente, ma qui c’è addirittura qualcosa di più, un quid che trasforma una scontata conferma in un’opera che lambisce le vie della perfezione. Un’opera che non risente della lungaggine della tracklist la quale, invece, emana una poliedricità  di melodie perfettamente incastonate in quasi un’ora di esperienza.

L’enfant prodige losangelina dona ai variegati episodi che compongono questo “Happier Than Ever”, un senso di purezza e semplicità  pur essendo contenuti in una serie di ingranaggi che trasmettono ricercati e superbi meccanismi i quali non necessitano di alcun sostegno.

La diciannovenne Billie Eilish (all’anagrafe Billie Eilish Pirate Baird O’Connell),  insomma, continua ad andare da sola – con il solo aiuto del ventiquattenne fratello produttore FINNEAS  (il quale, peraltro, ha annunciato il suo debutto solista, “Optimist”, in uscita il prossimo 15 ottobre) – senza alcuna paura di raccontarsi o, comunque, raccontare cosa significhi essere diventata tra le più influenti artiste al mondo.

Anticipato da una sostanziosa manciata di singoli, questo sophomore si mostra ancora più solido e privo di rilevanti sbavature con le note di una bellissima “Getting Older” ad aprire le elucubrazioni della Eilish sulla freschezza dei bei tempi avulsi dal successo, con frasi del tipo “But next week, I hope I’m somewhere laughing”, ovvero “Which is ironic ‘cause the strangers seem to want me more”.

Cresciuta inconsapevolmente, la Eilish è praticamente costretta a godersi, si fa per dire, la sua naturale maturità  anagrafica lontana da quella artistica che corre troppo velocemente e che, di fatto, non conosce ostacoli. Almeno sino ad oggi.

“Happier Than Ever” spicca per precisione ed eleganza con buona parte degli episodi caratterizzati da ballads e scanditi dai sussurri della Eilish  che si riflettono in maniera egregia tra sognanti melodie. La meravigliosa performance r&b in “my future”, primo singolo estratto, cattura gli echi sopraffini in dote a Billie, che si riverberano anche in “Billie Bossa Nova” dal miracoloso refrain, ma anche nelle note di “Lost Cause” o nel soul della delicatissima “Halley’ Comet”.

Un album che non si perde nemmeno per un attimo laddove taluni “intermezzi” rendono l’ascolto ancora più intrigante e, dunque, non stupisce trovare il mood psichedelico di “Overheated” subito dopo lo spokenword di “Not My Responsability”, dove un’irata ma pur sempre gentile Eilish,   riprende il tema della sua oramai perduta riservatezza e libertà : Would you like me to be smaller, weaker, softer, taller?/Would you like me to be quiet?”.

Per trovare ritmi alla “Bad guy”, per intenderci, bisogna sconfinare nelle atmosfere electro-pop di “Oxytocin” ovvero nei synth in loop di “GOLDWING” mentre un climax alla Lana Del Rey con pillole di Sade, avvolge le incantevoli note folk di un’eterea e malinconica “Everybody Dies”, nella quale la Eilish ancora una volta ritorna sul tema del travolgente successo che ha oscurato la sua maturità : I sure have a knack for seeing life more like a child/It’s not my fault, it’s not so wrong to wonder why”.

Non si fa in tempo ad apprezzare il brano appena ascoltato che si viene catapultati in altri ammalianti note come quelle che caratterizzano l’acustica “Your Power” o il lo-fi della title-track che insieme a quello della meravigliosa traccia conclusiva “Male Fantasy”, una delle migliori del lavoro, conduce ad una piacevole sensazione di appagamento resa ancor più pregnante dalla voce della Eilish, mai invadente ma ovunque affabile.

Alle fosche tonalità  dei brani come i singoli “NDA” e “Therefore I Am” si contrappone il corposo e vivido synth bass contenuto in “I Didn’t Change My Number”, a dimostrazione di come la Eilish riesca a sconfinare senza sorprese, oramai, in qualsiasi ambientazione sonora.

Se attraverso l’opera prima “When we all fall asleep, where do we go?”  la cantautrice statunitense ha messo a segno uno dei migliori debutti degli ultimi anni, con il nuovo full-length – che potrebbe essere considerato a tutti gli effetti un concept album – siamo al cospetto di una Eilish pressochè perfetta la quale, pur svestendosi dei capelli colorati e tute extralarge, non ha mutato il suo modo di essere e la percezione che si avverte tra le note di questo disco sono una conferma del suo approccio alla musica, con una cura degli arrangiamenti fuori dal comune.

Diversamente, dunque, dall’approccio utilizzato per i testi dove la Eilish si spoglia, questa volta, delle proprie sicurezze per raccontare le nuove certezze raggiunte o, quantomeno, quelle che vorrebbe raggiungere, le sonorità  del disco risentono in maniera positiva di questo stato d’animo, che dona profondità , intimità  ed intensa lungimiranza nel pop d’autore interpretato da Billie.

A meno di capolavori dell’ultimo minuto, “Happier Than Ever” è un serio e papabile candidato a disco dell’anno.