Avete 27 minuti e 56 secondi liberi e non sapete come impiegarli? Buon per voi. In una mezz’oretta è possibile fare tante cose belle e utili: una passeggiata in un parco, un giretto in bicicletta o un aperitivo al volo con un paio di amici. Per non parlare di tutte quelle faccende domestiche che, piacevoli o non, è sempre importante non procrastinare. I miei sono solo piccoli consigli per allontanarvi dall’idea che, spinti dalla noia o dalla più sana curiosità , possiate ritrovarvi su Spotify ““ o su qualche altro servizio di musica in streaming meno “diabolico” – e buttar via il vostro prezioso tempo ascoltando le sei tracce che compongono “A Dream About Death”, il nuovo EP dei Circa Survive.
Un piccolo lavoro che, come suggerito a inizio recensione, dura esattamente 27 minuti e 56 secondi e viene pubblicato a pochissimi mesi di distanza dal gemello “A Dream About Love”, un disco per molti aspetti meno coraggioso ma sicuramente meglio riuscito. Qui i livelli di ambizione sono altissimi: per l’occasione il quintetto statunitense, forse ebbro dell’accoglienza positiva che tradizionalmente viene riservata a ogni loro singola uscita, ha deciso di fare il passo più lungo della gamba.
Messe da parte (o quasi) le vecchie e accomodanti sonorità rock, i Circa Survive si abbandonano totalmente all’elettronica in un EP dal gusto sperimentale che, detta in maniera forse un po’ troppo generica (ma non voglio tirarla per le lunghe), prova a rispondere a una domanda che credo nessuno si sia mai posto (e a buon ragione): e se i Radiohead post-2000, colti improvvisamente da un lampo di follia, si fossero innamorati dell’emo, del progressive pop e dell’alt rock più patinato, dozzinale e fastidiosamente malinconico?
Probabilmente avrebbero registrato un minestrone di noia come quello che oggi ci viene servito dai simpatici Circa Survive – di cui, giusto per non sembrare troppo cattivi, apprezziamo comunque le qualità e il talento dimostrati in passato. Ma qui le cose funzionano davvero poco: il desiderio di suonare all’avanguardia ma radio-friendly a ogni costo li fa sbattere contro un muro fatto di synth ed effetti digitali buttati alla rinfusa, strutture e arrangiamenti inutilmente raffinati (un po’ di semplicità in più non avrebbe guastato), melodie e ritornelli assai poco memorabili.
Sarò brutale: questo EP è veramente palloso. è sperimentale, perchè in effetti i Circa Survive provano a stupirci e a parlare linguaggi diversi rispetto al solito, ma in un’accezione negativa; la mia impressione è che il gruppo, più che calcare nuove strade, voglia semplicemente spararsi le pose. Ad ascolto terminato si resta frastornati: dove volevano andare a parare i cinque di Philadelphia? Cosa resta, a fine corsa, di questa giostra di atmosfere, umori e trovate sorprendenti ma sterili? Un bel nulla ““ o, ancor peggio, un gelido e inconsistente mucchio di banalità finto cervellotiche. E la voce di Anthony Green, che con quel suo timbro disumanamente acuto mi fa un po’ pensare a Robert Harvey dei dimenticati The Music (avrei anche potuto dire Geddy Lee, ma non voglio infastidire i giganti), si adatta bene al contesto ma alla lunga infastidisce.