L’uscita dai Crystal Castles, le pesantissime accuse rivolte a Ethan Kath / Claudio Palmieri (riassunte qui) confermate da altre quattro donne, la causa per diffamazione poi vinta non hanno tenuto Alice Glass lontano dalla musica. Una passione che ha continuato a coltivare lavorando come DJ, pubblicando una lunga serie di singoli e un EP omonimo prima di arrivare a “PREY//IV”. Produce Jupiter Keyes, collaborano Illangelo (che ha lavorato con the Weeknd, Lykke Li, M.I.A.) e Karen Marie Aagaard à’rsted Andersen in arte Mà’ in un album che riparte dal passato per andare oltre.
Quattro (IV) perchè tre sono stati i dischi pubblicati dai Crystal Castles finchè Alice Glass era in formazione e in questi trentadue minuti c’è molto, quasi tutto quello che è successo in quegli anni fino ad oggi. Il bisogno di buttar fuori il dolore in modo quasi catartico è evidente in tredici brani che uniscono elettronica e hyper pop, sulla scia di producer come SOPHIE e Arca senza arrivare nè aspirare alla complessità di “Kick” con i suoi cinque variegati capitoli. Ritmi tribali, taglienti, obliqui, che ripercorrono rabbia e confusione di un abuso subito consegnano l’immagine frammentata di un artista ancora in evoluzione.
Trasforma la voce Alice Glass, la carica di effetti passando dal terrore alla dolcezza, dalla dolcezza al terrore con momenti di grande pathos come “The Hunted” o “Fair Game” e “Witch Hunt” che rappresentano il fulcro, la parte centrale di un disco musicalmente solido con una prima parte trascinante e spigolosa e le ultime cinque tracce più dark e claustrofobiche. “PREY//IV” con le sue melodie cristalline, distorte, avvelenate è un esorcismo che finisce con la liberazione ambient horror di “Sorrow Ends” che chiude drasticamente una mezz’ora vissuta in apnea, segnando la fine dell’incubo e l’inizio di una nuova vita per Margaret Osborn.