Sondre Lerche in concerto questa sera al Biko di Milano per presentare la sua ultima fatica intitolata “Avatar Of Love” uscita una ventina di giorni fa, soltanto l’ultimo lavoro di una discografia copiosa e puntuale negli anni.
Artista norvegese, esattamente da Bergen (trasferitosi in quel di Brooklyn da diverso tempo), sorta di centro culturale per una vecchia e nuova scena nordica, che ha saputo regalarci icone importanti come i Kings of convenience o i seminali Royksopp (prossimi al ritorno dopo una lunghissima pausa) fino all’enfant prodige Boy Pablo, anche lui appena passato, in quel del Magnolia, per la sua primissima data in Italia.
Tornando a Sondre Lerche ebbe quello che si può considerare un riscontro importante a livello internazionale con il suo secondo disco (dopo un esordio da profeta in patria con tanto di Local Grammy a certificarne la qualità ) e quella piccola hit underground che è la title track “Two way monologue” ovviamente risuonata anche stasera, un allora cantautore moderno con quel sapiente crossover tra il brit pop e un atteggiamento classico da crooner navigato, un duetto ipotetico tra Sir Paul e Burt Bacarach, magari accompagnati dai Belle and Sebastian.
Da quel lontano 2004 seppur non toccando più quelle piccole grandi vette del sophomore, sono stati pubblicati diversi lavori (colonne sonore comprese), come detto sopra, con puntualità , da citare, per esempio, anche il pregevole “Patience” di un paio d’anni fa.
Diciamo che allora vi erano alcune premesse per una visibilità ai piani alti, perchè no, votata al mainstream, sulla scia degli stessi Kings of Convenience, ma come spesso capita, senza un vero motivo, non si è poi concretizzata, relegandolo al ruolo di artista di nicchia, si dice così, no?
Io sinceramente l’avevo perso un pò di vista, riprendendolo grazie soprattutto a questa tappa italiana organizzata da Bpm concerti, ritrovando un artista completo, un ottimo songwriter, un vero appassionato del suo mestiere.
Confesso che arrivato sul posto e vedendo il palco spoglio di strumenti, non ero così felice di vedermi un concerto in acustico, ma sono bastati, altresì, 20 secondi del primo brano per capire che Sondre avrebbe retto alla grande un’ora e passa di live, lui e la sua chitarra classica, con bravura assurda, magicamente non si sentiva la mancanza di tutta l’orchestrazione con cui spesso le sue canzoni sono state vestite.
Il concerto è un doveroso mix di brani che hanno segnato la sua personale carriera, la selection non è sbilanciata sul nuovo lavoro, bensì una serie di scelte a macchia di leopardo, con tanto di “audience request” come nei concerti confidenziali, di sicuro spiccano la sopra citata “Two Way Monologue”, sempre molto bella, ma soprattutto, per quello che può contare, la mia preferita quella, “Sentimentalist” che merita una menzione a parte, ballata mid tempo che starebbe benissimo in un disco dei Divine Comedy.
Il Biko è il locale più accogliente della scena, praticamente il proseguimento del vostro salotto, pavimento in legno e atmosfera di casa, potrebbe essere tranquillamente uno studio televisivo e, come dire, perfetto per la dimensione acustica, ragionevolmente meno attrezzato rispetto ai fratelli maggiori milanesi, ma con la caratteristica tipica di quei posti dove l’artista è un tutt’uno con il pubblico stesso, empatia che si perde ovviamente man mano che le capienze aumentano, rendendo il tutto più distaccato, qui siamo nel punk emotivo che ci fa percepire Sondre tra di noi, proprio così, menzione di lode per la programmazione dei costello sempre lungimirante tra artisti stranieri e italiani in rampa di lancio.
Dicevo si toccano qua e là brani del repertorio, da “Avatar of love” che apre le danze, alla bellissima “Sleep on needles”, passando per “Modern Nature” fino ad arrivare dopo la sopracitata clamorosa “Sentimentalist”, al fuori programma, quella “That’s All There Is” con tanto di base e Sondre che passa tra il pubblico ballando, andando a chiudere un concerto bellissimo.
Francamente continuo a non capire come alcuni artisti non raggiungano vette di popolarità che meriterebbero, lui è uno di questi, sarei meno sorpreso di vederlo in un palazzetto che davanti a 70 paganti mal contati, però, come dire, va bene così.
P.S. Ad aprire le danze è stata invitata una giovane cantautrice modenese Irene Pignatti, che ha esordito con il moniker di Prim in questi anni pandemici; timida quanto brava e simpatica, anche lei in solitaria con una voce angelica e una narrazione tra piani e forti, incide per la sempre attenta WWNBB Collective, da recuperare e perchè no da esportare, dato che non deve essere un sacrilegio cantare in inglese in Italia.