Finalmente confermato anche il live dei deliziosi Still Corners che già dovevano passare da Milano dal mitico Ohibò nel 2020.
Nel frattempo è uscito anche un disco nuovo, a mio parere, il loro migliore, si chiama “The Last Exit” e ci ha consegnato un progetto ancora più maturo e coinvolgente.
Poi per il sottoscritto ci sono generi più distanti, che si vuole comunque esplorare, ma ce ne sono altri decisamente più in linea con il proprio gusto e il dream pop del duo londinese è una casa accogliente da sempre.
Attivi già da diversi anni, cinque dischi licenziati, una carriera non da folle oceaniche, ma con la giusta considerazione, si sono appunto superati con il nuovo lavoro e anche la manciata di singoli successivi da “Happy Days” a “Far Rider” non hanno deluso le attese.
Quindi un lungo tour europeo che fortunatamente passa anche dal Magnolia, non era così scontato di questi tempi.
La serata è aperta dal cantautore Jason Robert Quever in arte Papercuts e la sua band, che accompagnano gli Still Corners per tutto il giro di concerti, arriva da San Francisco con all’attivo diversi lavori in più di due decadi di carriera alle spalle, dalla lungimirante Sub Pop con la quale ha condiviso una fetta di percorso (compagno di squadra degli stessi Still Corners) fino alla Slumberland con cui ha pubblicato l’ultimo disco “Past Life Regression”, liquidare velocemente un artista con un passato e un presente così copioso è riduttivo, la poca notorietà o successo che dir si voglia gli ha relegato ancora una volta il ruolo di eterno esordiente, capita anche con artisti di questo calibro, perchè di questo si tratta, al di là dei numeri, più di vent’anni di musica underground meritano comunque attenzione, del resto nella vita la componente fortuna recita sempre la sua parte. Fa un set apripista, adeguato nel minutaggio, fortunatamente un concerto completo con nove episodi, andando a pescare brani soprattutto dall’ultima fatica, su tutte “The Strange Boys” e il singolo “Lodger” e il pubblico non può che apprezzare.
Arrivano quindi sul palco gli Still Corners in formazione a tre con l’aggiunta di un turnista a dare il ritmo dietro le pelli.
Scaletta che va a toccare, quindi, i già tanti capisaldi del repertorio della joint venture artistica di Tessa Murray e Greg Hughes, la bellissima e sognante “Black Lagoon” è forse il loro singolo più catchy, mantenendo ugualmente quella sfumatura agrodolce tipica del dream pop, non mancano la title track “Strange Pleasures” o “Last Exit” quanto la bellissima e ipnotica “Static”, ballata dal palato fine, o brani più incalzanti tipo la doppia apertura affidata a “White Sands” e la stessa freschissima “Happy Days”, avvezzi anche verso una certa psichedelia sintetica, “In the middle of the night” e “The trip” eseguite una dopo l’altra ne sono un ottimo esempio, c’è spazio anche per un’insolita cover dei Dire Straits, quella “So far away” “stillcornerizzata” a dovere, chiude, nei bis, secondo il sottoscritto, forse il loro brano migliore di sempre, quella “Mistery Road”, melodicamente ineccepibile, scritta benissimo, affascinante che mi ricorda una band meteora degli anni zero, “The Organ” incredibilmente spariti dopo un album, che, ai tempi, lasciò il segno, momento nostalgia a parte una gran canzone anche se leggermente stravolta nella versione live di questa sera.
Il concerto è tutto sulla falsariga di quello che potevamo aspettarci, c’è qualche passaggio un po’ forzato, ma smentito subito dopo da una delle tante hit a disposizione, diciamo che per antonomasia non sono proprio la live band per eccellenza, anche la configurazione e l’utilizzo massiccio di tracce mandate dalla regia (comprese acustiche e seconde chitarre), poi, non aiuta questo aspetto, ma il loro asso nella manica che rende comunque, nel complesso, il live più che gradevole, è ancora una volta la scrittura di qualità , è il solito discorso e per usare una metafora calcistica, quando c’è quella si parte sempre da 1 a 0.
Un songwriting che conquista appunto, nulla di originale sia chiaro, ma è abbastanza scontato che nel 2022 ci sia soprattutto dell’ottimo revival a discapito dell’innovazione che è arrivata probabilmente al capolinea, ma quando lo status è a questi livelli, sinceramente, è un argomento che mi interessa poco.