Cristiano Pucci ha di recente pubblicato una sua personale rilettura dal vivo del classico di John Lennon, “Working Class Hero“. Ne abbiamo approfittato per fare due chiacchiere con lui.
Ciao Cristiano, raccontaci un po’ della tua avventura musicale.
Un lungo percorso di up and down. Da 15 a 18 anni ho creduto nelle band ma da 18 a 23 anni ho mollato un po’ mi sono iniziato a divertire, mi interessava soprattutto la vita notturna che mi ha portato decisamente ad un break down. Sono rinato poi nei miei 23 quando do ho iniziato a studiare al conservatorio fino a decidere di chiudere definitivamente con la musica 27 anni. A 29 anni però mi sono trasferito a Londra e tutto è ricominciato. In questi ultimi 10 anni sono riuscito a concludere molto di più’ che nei 15 anni precedenti e alla fine nel 2020 La Rue Music Records ha bussato alla porta.
Vivi in Inghilterra da un po’. Che influenze si assorbono lì?
è tutto molto underground, sfacchinate tra bus e metropolitana, soundcheck al volo e palchi con strumentazione consumata. C’è molto Rock Psichedelico, ho avuto l’occasione di ascoltare moltissimi artisti nelle sale prove, nelle tube e ai concerti. Ovunque si continua ad ascoltare vecchi dinosauri come Beatles, Pink Floyd e Rolling Stones. Negli ultimi 5 anni mi sono fatto investire dall’onda Glam Rock psichedelica di Bowie T.Rex e Queen, ora sto aspettando di vedere il mio istinto dove mi porta.
“Working Class Hero” è un brano leggendario. Che emozione hai provato nel metterci mano?
Sinceramente ho sentito un grande senso di liberazione nei momenti in cui sparavo le parole di John Lennon al pubblico dei pub inglesi. Suonare working Class hero nei locali inglesi in acustico o full band ha sempre un impatto molto forte, tutti la capiscono, è un messaggio chiaro e comune alla classe sociale che frequento. Non di certo la canterei alla regina. “When they’ve tortured and scared you for 20 odd years Then they expect you to pick a career” – “Dopo averti torturato e terrorizzato per più di vent’anni si aspettano che tu intraprenda una carriera”.
Stai suonando in giro per locali londinesi. Ci racconti come va?
Suonare a Londra è un sogno ma anche una fatica esagerata per chi come me ancora non ha una vera e propria organizzazione dietro. Le ultime tre date fatte con la band dal 7-10 aprile sono state un grande test per me. A tratti distruttivo. Fisicamente, psicologicamente ed economicamente mi hanno lasciato provato. Comunque, le emozioni sono state bellissime quasi catartiche. Le agenzie di booking purtroppo puntano a riempire i locali per questo pretendono che ci sia un numero di persone che paga all’ingresso. Non c’è molta organizzazione nei sound check e viaggiando in metro, ci dobbiamo arrangiare con gli amplificatori e la batteria che troviamo nel locale. Nonostante questo, i tecnici del suono hanno le contropalle e fanno suonare bene anche le scatole di cartone.
Verrai a suonare anche in Italia?
Ad agosto spero di tornare in Italia per continuare la promozione del mio EP “Madness in Heaven Live“.
Che progetti hai per il prossimo futuro?
Il futuro non è chiaro al momento dipende molto dal budget. I miei obiettivi sono: il prossimo album e iniziare a lavorare con una buona agenzia di booking.