è di nuovo venerdì e seguendo la traiettoria del volo di un moscone – dal ronzio più emozionante di tante cose sentite ultimamente – ho percepito l’esigenza, da parte dell’Universo, di sapere (anche) la mia sulle ultime pubblicazioni musicali del Belpaese; è per questo che, signore e signori, ho deciso di comunicare urbi et orbi il mio bollettino del giorno sulle nuove uscite del pop italiano. Sì, quel tragico, ribollente pentolone traboccante degli sguardi impietosi di chi dice che la musica nostrana fa schifo, di chi “parti Afterhours, finisci XFactor”, di “Iosonouncane meno male che esisti”, di “Niccolò Contessa ma quando ritorni”, di Vans, libri citati mai letti e film repostati mai visti che ogni venerdì rinfoltisce la sua schiera di capipopolo di cuori infranti con una nuova kermesse di offerte per tutti i gusti e i disgusti. Ecco, di questo calderone faccio parte come il sedano del soffritto, quindi non prendete come un j’accuse quello che avete letto finora: è solo un mea culpa consapevole ed autoironico – ridiamoci su! che una risata ci seppellirà , per fortuna, prima o poi – a preparare lo sfortunato lettore alla breve somma di vaneggi e presuntosi giudizi che darò qui di seguito, quando vi parlerò delle mie tre uscite preferite del weekend, e della mia delusione di questo venerdì. Sperando di non infastidire nessuno, o forse sì.

MANUEL AGNELLI, Milano con la peste

Eh, raga, non so cosa dire, ma a me ogni volta che esce un nuovo brano (in questo caso, singolo estratto dal disco uscito proprio oggi) di Agnelli freme la pelle in modo un po’ strano, perchè faccio fatica a mettere ordine tra nostalgia e voglia di resurrezione, tra infanzia perduta e necessità  di guardare avanti: fatto sta che Manuelone non si smentisce nemmeno questa volta, dando sfogo a quel desiderio di riottosa solennità  che animava il “me quindicenne” e allo stesso tempo lasciando serpeggiare nell’ascoltatore la sensazione di una definitiva svolta cantautorale che rimane fedele alla scuola del rock’n’roll. Non male, per uno che è lì, sulla cresta del disordine, da trent’anni.

GIOVANNI TRUPPI, La felicità 

Ah, che titolo impegnativo per una canzone: subito si aprono le porte della riflessione esistenziale alla quale, comunque, il nostro Giovanni ci ha già  “educato”: ogni disco, un input diverso- o meglio, cento input diversi – verso una tentata elevazione individuale che passa, manco a dirlo, dall’ostinazione del dubbio. Anche qui, Truppi non si smentisce: quel che più mi colpisce, a dire il vero, non è tanto il lavoro di scrittura (e non per demeriti, anzi) quanto quello di arrangiamento; la via presa da Giovanni ammicca all’internazionale, e lo fa costruendo un dolcissimo castello di carte con poche note, pochi accordi e poche idee – tutte giuste, e bellissime.

NADA, Chi non ha

Parte quella chitarrina all’inizio del brano, e io sono già  ucciso dalla voglia di dire a Nada quanto la amo; inutile dire che, alla fine della prima strofa, sono steso in terra a mandare baci verso il cielo, mentre “Chi non ha” rotola e serpeggia e s’infila, sgrufola e s’insinua con la lucentezza della lama e la potenza caustica del napalm nel cervello di chi sa ascoltare, grazie ad un ritornello che non sembra tale, perchè non esiste necessità  di appigli e di strutture per chi sa muoversi con confidenza anche nell’oscurità  più nera. Basta lasciar sviluppare un’idea, quando l’idea è buona: Nada ha solo buone idee da fine anni Sessanta del secolo scorso.

EMMA NOLDE, Dormi (album)

Emma, a differenza di quanto sembra voler suggerire il titolo del suo disco, è ben sveglia, e non ha bisogno di dormire per continuare a sognare: il suo secondo disco in studio, a soli vent’anni, è una perla che comincia a brillare di una luce diversa, scevra di quella “grezzezza” intrisa di ingenuità  (beata) e poesia che colorava “Toccaterra“, immerso invece in un’autenticità  originale, unica, che oggi restituisce fiato e idee ad una scena che ha bisogno di eroi. Nella speranza che, per una volta, riusciremo poi a non macellarli sull’altare sempre gravido delle aspettative: Emma non ne ha bisogno.

MEG, Vesuvia (album)

Dopo un percorso fatto di singoli giusti, capaci di riportare il suo nome tra i più caldi del panorama nazionale, Meg cala la scala e pubblica un disco che è intriso di una napoletanità  tutta sua: il lavoro si muove su una scrittura che fa baluardo e stendardo della malinconia, della rabbia cazzimmosa, della voglia di rinascita di un’artista completa che trova dalla sua il sostegno di colleghe e colleghi ammirati dal nuovo progetto della cantautrice campana.

TATUM RUSH, Valentina

Mi piace molto Tatum Rush, ho proprio una personale passione per la sua capacità  di svincolarsi da ogni tipo di posa (personale o collettiva) per tirare fuori dal cilindro, ad ogni nuova uscita, brani diversi che ammiccano costantemente alla dance, certo, ma anche ad un bagaglio di ispirazioni personali che si muovono in direzioni imprevedibili, con provenienze spesso insondabili e trasversali. E’ il caso di “Valentina”, che rimanda ai soliti Settanta tanto cari al signor Rush facendo ballare, tuttavia, anche i dodicenni di oggi.

VOINA, Super Fluo

Non c’è modo migliore per cominciare il weekend che non sia buttare benzina sulla sterpaglia secca di questo autunno che sta già  per esplodere: i Voina cavalcano i loro distorsori al grido di battaglia di una generazione superfluo che cerca i modi per non smettere di brillare, fosse anche per implosione, al centro della notte più nera di sempre.

LEGNO, Ansia e sapone

Una canzone che scorre con leggerezza, rotolando con una sua personale dimensione di spensierata felicità  che allo stesso tempo non riesce a liberarsi di quella punta di malinconia che rende tutto più vero, più umano, più concreto. Almeno quanto le tantissime dimostrazioni d’affetto (e sostegno concreto, grazie al crowdfunding lanciato dagli artisti) rivolte ai Legno, a Floridi e Daino (coinvolti eccome nella scrittura di questo brano) dai loro fan – compreso il sottoscritto – dopo il furto subito dalla banda in concerto a Roma: alla fine, i ragazzacci toscani hanno scoperto di essere ancora più “ricchi” di quel che pensavano.

PROBLEMIDIFASE, Menta

C’è un po’ di Cosmo, nel nuovo singolo dei problemidifase, che tornano con un brano ben pensato, ben scritto e ben realizzato: elettronica e pop che si prendono per mano sotto il segno di una canzone che rotola bene verso il ritornello, forse con l’unico neo di non esplodere mai come potrebbe davvero. Ma nel complesso, il lavoro è molto buono.

GNUT, PIERS FACCINI, Duje Vicchiarielli

Quanta dolcezza, e quanta malinconia, nel nuovo brano di Gnut e Faccini, che ricorda qualcosa di destinato a non avere un tempo, in una dimensione spazio-temporale indefinita: potrebbe essere un brano della tradizione napoletana, magari attraversato dalla lezione di Murolo; potrebbe essere la canzone che fa ballare (sempre malinconicamente) in un disco-bar di metà  anni Settanta; potrebbe essere una ballata folk di inizio Duemila in linea con quella scena partenopea che allora cominciava a rigenerarsi nei nomi di 24 Grana, Foja, Gnut stesso; potrebbe essere, ed è quello che è: una canzone dolcissima, d’amore eterno, che fa bene all’anima senza troppi fronzoli nè paragoni.

BLUMOSSO, Come in un film porno

A me Simone piace da sempre, e anche stavolta comunque riesce a non smentire nè me nè lui: lui non si smentisce perchè il livello della sua scrittura e, prima ancora, delle sue idee rimane di alto spessore, a maggior ragione perchè calato in un’immagine concreta e pericolosa, per le sue possibili “derive” trash, che Blumosso scansa con una certa disinvoltura; io, invece, non mi smentisco perchè come sempre, ad ogni nuova uscita di Simone, un po’ di godimento (porno) lo provo.

FEDERICO FABI, Un amore

Piglio da songwriter folk, a cavallo tra Lolli e De Gregori , per il nostro Fabi, e dico “nostro” perchè l’ho tanto divorato da sentirlo “mio”, con la consapevolezza che certe cose, le cose belle, debbano essere di tutti. Anche di chi non le riconosce, tanto si fa sempre in tempo a migliorare”… un po’ come Federico, che asciugando tutto riscopre (se mai ne avesse avuto bisogno) le origini. Il brano è delicato, bello, molto “retrò” e forse a tratti un po’ derivativo ma a fin di bene: quasi fosse un accorato tributo ad una scuola che non smette di farci sentire studenti.

LEFRASIINCOMPIUTEDIELENA, Moleskine

Era da un po’ che non sentivo parlare di Lefrasi, e quindi oggi mi sono sparato proprio volentieri il nuovo singolo del cantautore, che qualche anno fa era stato capace di conquistarsi la scena con una manciata di singoli e un album davvero azzeccati. Il singolo del ritorno è nel segno di un certo affatto “indie-rock” che ricorda la scena dei primi 2000 con sonorità  che ammiccano a qualcosa di “meno italiano”, per dirla alla Stanis, che sta molto bene addosso all’artista.

LOREDANA DANIELE, Sempre domenica

Evidentemente avevano ragione i latini nel dire “nome, omen”: il nome che portiamo è indizio di quello che saremo, e in effetti con questo “cognome” importante Loredana non poteva che rappresentare, a suo modo, la progenie di un artista che a Napoli, alla chitarra e alla musica ha saputo dare tanto. Loredana fa il suo, il pezzo ci sta e la presenza della chitarra, in effetti, c’è eccome.

ELIA TRUSCHELLI, CHIARA BOLOGNANI, Un’altra luna

Anche qui, come per Loredana, la presenza della chitarra è il perno di rotazione di un brano che respira delle giuste vibrazioni di “ballad” fatta e finita: sarà  anche la somiglianza timbrica, oppure la scrittura sciolta di Elia, ma nelle corde di “Un’altra luna” sembra respirare tutta una tradizione autorale che ricorda certamente Bersani. La voce femminile rende lo scambio ancora più “passionale”, ma con delicatezza.

JHONNY CANNUCCIA, Buon compleanno

Ah, ma che bel biglietto d’auguri quello di Cannuccia, che di certo riesce a tirar fuori una canzone simpatica. Forse, un po’ randomica, però va bene lo stesso, è pur sempre il compleanno di qualcuno, e quel che conta è sopratutto il pensiero.

SAIMON FEDELI, Sola

Mood un po’ reggaeggiante, quello di “Sola”, il nuovo singolo di Fedeli, che si affida ad un groove di chitarra che ricorda un po’ Lucio Dalla, un po’ Max Gazzè: c’è una buona penna che si fa valere e diverte fin da primo ascolto. Merito, di certo, anche di quella “scanzonatura” di fondo che rende tutto, a suo modo, più “autentico”. Il ritornello, onesto, mi fa morire!

BRAI, Prega x me (EP)

EP per Brai, che in cinque brani condensa una mix di rabbia generazionale, senso di abbandono e voglia di ripartenza mescolate ad una manciata di accordi urlati in faccia a pubblico e scena dai pickup di una chitarra elettrica dalle reminiscenze punk; ma non è tutto qui: c’è anche della buona elettronica, che comunque si muove sotto la bandiera dell’efficacia e dell’immediatezza. Nessun fronzolo, ma una gran voglia di spaccare tutto.

ANDREA DI DONNA, Cerchi lei

Tenera ballad fatta apposta per far piangere anche i muri, quella di Andrea Di Donna, che in “Cerchi lei” mette tutto l’amore che ha nella punta delle dita e sulla spinta di una voce che si prende il tuo tempo per involarsi verso un ritornello che assomiglia più un mantra; il sax, poi, da una spinta in più al mood già  ben focalizzato del tutto.

EUPHORIA, Fanculo

Di certo non le mandano a dire gli Euphoria, che nel loro ultimo singolo mandano a quel paese tutte le cose che non gli piacciono, incastrando per bene un certo pop dall’attitude quasi “punkettona” con una scrittura che inganna: non fatevi deviare dai facili “giudizi”, perchè il testo vale la pena di essere compreso.

FRANCESCO SETTA, Toro

Una bella gomitata nei denti, una bella vomitata di rabbia e violenza sociale quella di Setta, che in “Toro” racconta l’abbandono di tutti noi, destinati a buttarci via nel caos di un’epoca che ha vive di svalutazioni personali e inflazioni emotive e rese incondizionate ad un “sistema” che imbruttisce, e avvilisce: a cosa servono le “corone d’alloro”, se poi finisci con l’utilizzare le lauree come condimento del tuo “ego al forno”? C’è puzza di bruciato, e di alloro in fiamme.