I Bush tornano a scaldare i motori con “The Art Of Survival”, un album molto potente che include alcune tra le tracce più dure e cupe mai realizzate dalla band capeggiata da Gavin Rossdale. A trent’anni esatti dalla nascita, il gruppo britannico corre i suoi rischi confezionando un disco dai contenuti fortemente politici, con riferimenti espliciti alle questioni più scottanti della nostra epoca (guerra, razzismo, politiche di genere, legislazione sulle armi, crisi e lacerazioni create dalla pandemia).
Tutti argomenti in realtà affrontati in maniera un po’ superficiale nei testi, nonostante la buona volontà di un Rossdale che prova sempre e costantemente ad affrontare le sfide con il coltello tra i denti. Il frontman londinese resiste alle difficoltà e ci regala la sua personalissima visione di resilienza con un lavoro che celebra la vita ““ in ogni suo aspetto, positivo o negativo che sia ““ come vera e propria arte della sopravvivenza.
è quindi l’irrefrenabile impulso a non soccombere agli innumerevoli orrori dei tempi moderni a spingere i Bush ad alzare i volumi delle chitarre e a tramortire noi ascoltatori con brani davvero tosti come “More Than Machines”, “Shark Bite”, “Identity”, “Judas Is A Riot” e “Gunfight”, in costante bilico tra i suoni tradizionali del post-grunge più commerciale e quelli più cattivi di un alternative metal sì mainstream, ma imperniato su riff estremamente aggressivi.
La band di Gavin Rossdale ringhia ma non morde, perchè il sound esplosivo e lucido di “The Art Of Survival” – in perfetto equilibrio tra muscoli e abbellimenti radio-friendly ““ non gode di alcuna genuinità . La produzione leccata accentua il carattere pompato e artefatto di un album che, privo di dinamiche e respiro, tende ad appiattirsi e a farsi monotono abbastanza rapidamente.
Gli stratagemmi per imprimere un po’ di movimento sono sempre gli stessi: i loop, gli effetti, la drum machine e i timidi inserti elettronici retaggio dell’era di “The Science Of Things”; il minimalismo “inquieto” delle strofe, spesso caratterizzate dalla presenza dei soli basso e batteria; i ritornelli deflagranti che si stampano subito in testa (vent’anni fa “Slow Me” sarebbe stata una hit); i consueti fiumi di melodie dal gusto leggermente pop, centrali soprattutto nei pochi brani non incazzati dell’opera (“Creatures Of The Fire”, “1000 Years”).
I Bush sono in buona salute ma, dopo tanti anni di onorata carriera, non hanno più nulla da dire. Le cannonate di “The Art Of Survival” non fanno altro che produrre il rumore necessario a coprire l’evidente vuoto di idee di Rossdale e compagni. Decisamente apprezzabile, comunque, la scelta di dare alle stampe un disco così pesante, pieno zeppo di pezzi scapoccianti e memorabili riffoni.