Che italiano usiamo oggi? Un italiano fluido e mutevole, un italiano in continuo mutamento, poco incline a logiche, definizioni, slogan e luoghi comuni che lo ammazzano, ogni giorno, a colpi di vecchie e logore tradizioni, considerandolo una forma di linguaggio poco o per nulla adatta a quelle divagazioni sonore di matrice post-punk, particolarmente crude, taglienti, essenziali ed inclini a sposare una visione drammaticamente cupa del mondo moderno.
Ed invece non è così, perchè gli Ada Oda, dal lontano Belgio, riescono a trovare, nel loro italico spoken word, delle ritmiche assolutamente attraenti, vibranti ed ammalianti, capaci di essere, allo stesso tempo, sia compatibili con la bruciante materia d’indole punkeggiante che intendono plasmare e dalla quale amano lasciarsi ispirare, che fedeli, in un certo senso, a quelle classiche trame cantautoriali che hanno, da sempre, caratterizzato la musica popolare del Belpaese.
E’ un nuovo territorio, un territorio che ci auguriamo altre band decidano di esplorare, un territorio fatto di una emotività spigolosa che affonda le sue radici nella new wave più elettrica, estraniante e minimale degli scorsi decenni. Siamo in uno strano, imprecisato ed interessante incrocio tra i Wire, i CCCP, i Dry Cleaning ed Amanda Lear. Non pensavamo potesse esistere un luogo simile, ma adesso che lo abbiamo trovato, dobbiamo dire che ci sentiamo a nostro perfetto agio e, soprattutto, riusciamo ad andare ben oltre quella visione della quotidianità cieca, viziata ed egocentrica che ci impedisce di vedere gli altri e di accorgerci della loro umanità . E’ tutto un chiedere senza mai donare; è tutto un pretendere senza alcun impegno, mettendo al di sopra ogni cosa solamente ciò che ci interessa e fregandocene di tutto il resto; ma un bel giorno potremmo essere noi quelli dall’altra parte, quelli che non dormono più, quelli che fissano invano il soffitto, quelli che si sentono inadatti, alieni e marginali e preferiscono essere un tutt’uno con la notte, con la propria malinconia, con la propria romantica e decadente visione della vita.
Gli altri, probabilmente, già dormono, ma non noi, non tu, non io, che questo ciel, che sì benigno / appare in vista, a salutar m’affaccio.
Credit Foto: Mathieu Lambin