Non è la classica biografia rock nè vuole esserlo l’ultimo libro che vede protagonista Nick Cave. Un tomo di ben quattrocentosedici pagine uscito in Italia per La Nave Di Teseo che raccoglie le lunghe ore di conversazione orchestrate da Seán O’Hagan (giornalista di The Guardian e The Observer). Un serrato dialogo che poco ha a che fare con la classica intervista, genere che Cave del resto non ha mai amato e ne spiega il motivo fin dal primo capitolo, l’ispirazione è invece il modello ben più letterario della Paris Review. Seán O’Hagan pungola, istiga senza fare sconti e quello che ne esce è un ritratto a tinte forti del Nick odierno, uomo che ha attraversato immani tragedie uscendone diverso, piegato ma non domo.
“Ghosteen”, “Skeleton Tree” e “Carnage” vengono approfonditi e animatamente discussi, largo spazio anche al rapporto con la religione ““ non spiritualità attenzione ““ che con gli anni ha ricoperto un ruolo sempre più importante, centrale nel processo creativo del Nostro. Creatività di cui si parla molto e spesso: la nascita delle canzoni mai semplice, fonte di continue ansie in una spirale che si ripete intatta da quarant’anni, la tendenza di Nick ad essere un po’ “macellaio” con i testi che scrive da cui elimina parole e frasi senza pietà , la sofferenza come chiave per capire se stessi e amalgama di canzoni che finiscono spesso per essere preveggenti, suo malgrado.
Il bisogno innato di collaborare, di avere un partner musicale a cui appoggiarsi e in queste pagine Nick Cave li ricorda tutti: i più burrascosi come Mick Harvey e Blixa Bargeld a cui dedica parole affettuose e spietate ricordandone il tumultuoso addio, Warren Ellis con cui sembra aver raggiunto il perfetto equilibrio di ruoli e tempi. La genesi di “Into My Arms”, “Spinning Song”, “Brompton Oratory”, “Waiting For You” ““ incredibilmente completata grazie a un suggerimento di Chris Martin ““ “Lavender Fields” e “Breathless” solo per citare qualche brano viene discussa con aplomb e sincerità . Le sue canzoni selvagge e le altre, quelle più delicate che tremano “sommessamente quasi al punto del collasso” con i ricordi toccanti che suscita sempre “Girl In Amber”.
Un confronto ad armi pari che rende “Fede, Speranza, Carneficina” un libro quasi maieutico. Ricorre spesso il tema del lutto, della perdita del padre, del figlio Arthur, della madre, di Anita Lane, che Nick Cave ha l’esigenza di raccontare ancora e ancora. Eventi tragici che l’hanno cambiato rendendolo ““ parole sue ““ una “persona completa”. Una seconda vita, quella dopo il trauma, che ha significato reinventarsi, diventare più empatico. Palpabile il senso di connessione, di apertura verso l’altro che pervade da tempo la “conversazione aperta” inaugurata grazie ai The Red Hand Files, che qui tocca il culmine nel capitolo “Ghosteen Speaks” e in “Una sorta di radicale intimità ” quella costruita col suo pubblico concerto dopo concerto, dal caos distruttivo dei Birthday Party alla riverenza con cui sono oggi accolti i Bad Seeds.
Pagine dense e ricche di aneddoti, alcuni molto commoventi altri divertenti come quelli sui Grinderman e il parere di Jason Pierce degli Spiritualized riguardo a “Worm Tamer” ““ che non sveleremo ““ che consegnano l’immagine di un Nick dolcemente imperfetto anzi “imperfezionista” come lui stesso si vede. Al contrario di molti colleghi, che con gli anni hanno progressivamente indurito le proprie posizioni, Cave ha abbracciato il dubbio, diventando sempre più consapevole della fragilità della vita e forse da questo dipende il suo immenso bisogno di redenzione e perdono, di quella speranza che poeticamente definisce “ottimismo col cuore infranto”. “Fede, Speranza e Carneficina” è una lettura intensa, da affiancare a ricostruzioni più classiche come “Boy On Fire – Il giovane Nick Cave” di Mark Mordue (che il Nostro ha cercato fino all’ultimo di bloccare).
Editore: La Nave di Teseo ““ collana Oceani (20 settembre 2022)
Autore: Nick Cave & Seán O’Hagan
Lingua“: Italiano
Pagine: 416 pagine
Traduzione: Chiara Spaziani
ISBN: 9788893956406