In un’America sospesa nel tempo recente (forse un voluto richiamo alle imminenti presidenziali?) George Clooney torna a indagare il retroscena politico americano parzialmente esplorato dal precedente “Good Night, And Good Luck”. Stephen Meyers (un sempre più convincente Ryan Gosling) è il giovane santone della comunicazione politica nella campagna per le primarie del Partito Democratico. La sua attività demiurgica coinvolge tutto lo staff del candidato governatore Mike Morris ( George Clooney ) inglobando perfino l’esperto Paul Zara (Phillip Seymour Hoffman) inizialmente pensato come sua guida maestra. Morris sale nei sondaggi, mentre la compagine lavorativa si rafforza e si distende piacevolmente al ritmo di un coinvolgimento sessuale senza pretese tra la bionda Molly (Evan Rachel Wood) e lo stesso Meyers. Ida Horowicz (Marisa Tomei), giornalista del New York Times, nel frattempo fa le sue mosse allargando il campo di gioco al consigliere repubblicano Tom Duffy (Paul Giammatti) cercando così di smuovere il terreno in cerca di scoop. La superficie non potrebbe essere più liscia, ma un fiume carsico di egoistiche lotte intestine amalgamato da piccanti segreti è già pronto a incrinare il piano d’appoggio dell’intera contesa elettorale. Il mix esplosivo tuttavia regge bene la tensione esponenziale, facendo scoppiare solo all’ultimo un innesco ormai sovraccarico.
Al centro dell’impianto c’è sempre lui: il complotto, tema più che inflazionato nel panorama politico contemporaneo. Ma la sceneggiatura non si avvilisce nella banalità , riuscendo invece a ribaltare la struttura centrale attraverso una critica ferma e rivoluzionaria proprio nei confronti di chi “‘complottista’ lo è sempre stato. Il racconto procede a ritmi sostenibili abbracciando perfettamente la regia nei momenti di thriller più acceso. Nessuno rimane immune dall’invettiva, l’onda colpisce tutti: repubblicani, democratici e nuovi media assetati di sangue. L’intento è chiaro nella sua crudeltà , presentandoci un finale senza nè vinti nè vincitori che finalmente lascia sul campo quel corpo manicheo a cui noi tutti siamo irrimediabilmente legati.
Ryan Gosling è certamente l’astro più luminoso. Uscito rafforzato dal recente ruolo in “Drive”, lo ritroviamo anni luce lontano dai primi esperimenti televisivi di “Young Hercules”, perla trash di fine anni ’90. La sua espressione, all’inizio convinta e risoluta, perde vigore incassando i colpi di una lotta senza ideali nè regole, moglie fedele al solo paradigma del politicamente scorretto. Un body language eccezionale fatto di sguardi ghiacciati e contrazioni psicologiche che anticipano la scena senza smungerla. Anche il resto del cast come potete ben leggere dalla scheda tecnica non è niente male. Da notare è in particolare la maschera di Hoffman affiancata furbescamente da una sigaretta sempre accesa che finisce per ingiallire tutto il personaggio.
La musica infine completa l’opera. Non c’è armonia, ma solo brevi e profondi rombi di un motore zoppo e incostante diretto verso il grande botto. Ci salgono i brividi sulla pelle senza scadere in fastidiosi balzi da cinema horror.
“Le Idi Di Marzo” è uno di quei film cometa passati ingiustamente dalla ribalta alla sordina senza degna nota. Uno spaccato che regala l’ultimo sprazzo di vita al trend cinematografico altalenante dell’anno appena passato.