The New Law
The Fifty Year Storm

Seattle è famosa per essere la città  più piovosa d’America, per i grandi SuperSonics di Gary Payton e Shawn Kemp (che si scontrarono, risultando sconfitti, contro i Chigaco Bulls di un certo Michael Jordan nelle finali NBA del 1996), per aver dato i natali a Jimi Hendrix e per esser stata la patria di buona parte del movimento grunge. Certamente Seattle non è famosa per la musica elettronica.
Ed il duo composto da Adam Straney e Justin Neff appare come la classica eccezione: provenienti da Seattle, i The New Law hanno pubblicato il loro terzo album agli albori di questo 2012.

Da sempre al confine tra underground hip-hop ed elettronica ricca di groove (e di chiara matrice britannica: trip-hop, drum’n’bass, dubstep), i due americani non sbagliano un solo pezzo tra i tredici contenuti nell’ottimo “The Fifty Year Storm”. Sin dall’iniziale “I’ve Seen Some Mean Faces”, tutta controtempi e sapori folk, il disco è un vero gioiello di psichedelia e ritmi.
“Dead Man Tell No Tales” declina un battito hip-hop che prima scivola inaspettato nel wonky e si tinge poi di tenebre scurissime, “Get Your Gun” ibrida grandiosamente l’etno-jazz di Mulatu Astatke e l’elettronica malinconica e mitteleuropea della National Fanfare Of Kadebostany, mentre “Voyage” mantiene esattamente quanto promette il titolo (tra Inghilterra, Europa e America Latina).

è un torto enorme non citare tutte le tracce, ma l’apocrifo Clams Casino di “Constellations” e la giostra interstellare di “Into The Clouds”, l’epica conclusione affidata alla titletrack non posso dimenticarle; però questo album è tutto qualitativamente altissimo, nei suoni e nelle atmosfere.
Viaggione: disco-trip del 2012 (difficilmente scavalcabile, per ora).

Ascolta “The Fifty Year Storm”