Brad
United We Stand

Qualche tempo fa il cantante di un famoso gruppo di Seattle che inizia per “P” definì i Brad come il progetto che teneva impegnato il suo chitarrista e collega Stone Gossard nel tempo libero. In pochi pensavano che sarebbe riuscito a tenere il piede in due scarpe, invece dopo quasi vent’anni di onorata carriera saltuariamente costellata da album e rari concerti, il quartetto (composto anche da Regan Hagar e Shawn Smith, con l’aggiunta del bassista Keith Lowe e di vari ospiti nei live) è ancora vivo e vegeto.

Dieci tracce che tornano a toccare territori già  ben noti, quelle di “United We Stand”, in cui i quattro sembrano sentirsi decisamente a loro agio (“Bound In Time”, “Through The Day” e “The Only Way” in particolare non possono che essere le “Buttercup” e “The Day Brings” del caso). Ma anche un viaggio costellato da qualche novità : powerpop (“Tea Bag”) soprattutto, che si affianca a canzoni dal ritmo più tradizionale (scelte tra ben settanta candidate) e ad altre decisamente upbeat. E se “A Reason To Be In My Skin”e “Needle And Thread” hanno il DNA dei singoli perfetti e in “Diamond Blues” Smith rispolvera tutte le sue qualità  vocali da bluesman rockeggiante, “Last Bastion” e “Miles Of Rope” aggrediscono con riff graffianti che paiono creati apposta per ricordare Jack White (non è un mistero che Gossard sia un suo grande fan).

Un discreto quinto disco in definitiva, più compatto e riuscito del precedente “Best Friends?”. Merito forse della decisione (per loro piuttosto controcorrente) di scriverlo e registrarlo velocemente, senza pensarci troppo (per ascoltare il predecessore c’erano invece voluti ben sette anni). Un’attitudine alla “jump into it” di cui la musica non può che trarre beneficio. “United We Stand” insomma, fedele al nome che porta, è perfetto per serrare le fila dei fan della prima ora: piacerà  molto a coloro che già  amano la band di Seattle, ma difficilmente gli procaccerà  nuovi ammiratori.