Alcune band coccolano i pezzi nuovi fino all’inverosimile, aspettando magari di avere in mano il classico album per farli ascoltare, altre preferiscono testare live il nuovo materiale e scegliere ciò che piace al pubblico. Poi c’è chi proprio non resiste e appena ha una serie di brani pronti e impacchettati, li deve fare uscire al più presto. Gli Yellow Ostrich appartengono a quest’ultima categoria. Forse dipende dal fatto che, essendo nati su Bandcamp, fin dall’inizio si sono abituati a far le cose in fretta ma a pochi mesi dall’ultimo album “Strange Land” pubblicano “Ghost” (sempre per l’ormai fidata Barsuk Records).
Un EP nato alla vigilia dell’ennesima “gamba” di un tour infinito e proprio per questo più viscerale del lavoro che lo ha preceduto. Pressati dall’urgenza e dalla necessità , Alex Schaff e soci accantonano momentaneamente il suono sperimentale e impetuoso creato insieme a Beau Sorenson per esplorare altri lidi, partorendo a tempo di record sei tracce che rendono giustizia a un roseo passato e gettano luce sui possibili sviluppi futuri. “Here Today” e “Won’t Fade Away” giocano con l’indie pop da camera già ascoltato nell’ottimo e abbondante album d’esordio “The Mistress”, rileggendolo in chiave più matura con l’aiuto degli ormai onnipresenti Michael Tapper e Jon Natchez. Ma è il riff martellante, sgusciante, cattivo di “Chills” a stupire davvero, con la voce del buon Alex che raggiunge nuove, inaspettate vette emotive.
Neanche il tempo di metabolizzare la novità ed ecco una “USA” venata di frenetica malinconia, in cui Schaff tira fuori tutta l’intensità di un Bon Iver alle prese con le pene d’amore di un cuore dolente. Però la canzone che veramente rappresenta questo ipnotico EP è “Already Gone”: atmosfera da lucciconi e un piano commovente e toccante, che rende tutto maledettamente confidenziale. La title track merita invece un discorso a parte: dimostra che i tre sanno scrivere un singolo di quelli veri, dal vago sapore R n B (!) e con appeal da classifica, restando sempre se stessi e non rinunciando a un grammo della propria meravigliosa stranezza.
Piccole band (non più così piccole a dire il vero) crescono e evolvono ancora, insomma. Trascinati dalla corrente, gli Yellow Ostrich stanno diventando qualcosa di diverso. Chissà dove andranno a parare la prossima volta, ma una cosa è certa: le Ostriche si stanno aprendo, ed è sempre più probabile che dentro si trovi una bella collana di perle”…
Photo Credit: Bandcamp