Delilah Holliday intervista
Credits: Amy Peskett

È sempre affascinante scoprire da dove ogni artista riesce a trarre ispirazione, come da luoghi e persone si riescano a creare anche capolavori senza tempo; è ancora più intrigante quanto a fare da ispirazione ci pensano situazioni di disagio, di povertà, la crisi di un paese intero in rovina, che vuole sperare ancora in qualcosa. Da qui parte Delilah Holliday per il suo nuovo EP, “Invaluable Vol.1”: abbiamo chiacchierato con l’artista di speranze, intelligenza artificiale e ispirazione.

Partiamo da uno dei tuoi ultimi singoli, “Everything I Ever Wanted”. Hai scritto questo brano tre anni fa, come hai capito che era questo il momento giusto per pubblicarlo?
Credo che si tratti di una sensazione intuitiva. Dopo aver firmato con la Olly Records, mi è sembrato giusto pubblicarla con loro e farla uscire come primo singolo. È una canzone davvero importante per me e spero che possa esserlo anche per molte altre persone.

Parliamo del tuo nuovo EP, “Invaluable Vol. 1”: qual è stata la parte che hai preferito nel crearlo? L’intero processo?
Credo che la mia parte preferita sia stata il viaggio in sé, anche se a volte è stato difficile, perché sento che questo EP, oltre a portarti in un viaggio sonoro, mi ha portato in un viaggio di riscoperta di chi sono come artista, per avere più fiducia in me stessa. Sì, l’intero processo è stato la cosa che preferisco, pubblicarlo adesso è davvero divertente e surreale. Non ho mai immaginato di pubblicarlo quando lo stavo facendo, non lo faccio mai quando creo qualcosa. Così, quando succede davvero, è come se la fantasia si avverasse.

Penso che questo EP si possa descrivere come una sorta di montagne russe emotive, perché posso sentire energia e calma, ma anche voglia di far festa, e anche un po’ di rabbia a dirla tutta. Qual è l’emozione principale di questo EP?
Direi che l’emozione principale è l’euforia e poi un pizzico di malinconia. È come l’euforia di essere vivi e di fare queste esperienze folli e tutte le diverse emozioni che ne derivano; alcuni giorni sarai felice, altri arrabbiato; tutto questo, però, gli alti e bassi della vita, la rendono sicuramente un’esperienza speciale.

Il video musicale di “Silent Streets” un’estetica interessante, mi ha molto incuriosito il fatto che vi siate ispirati, tra le altre cose, agli albori dell’intelligenza artificiale. Pensi che musica e intelligenza artificiale possano collaborare in qualche modo?
Dipende. Credo che l’essere umano, la nostra natura in generale, sia una cosa così complessa; penso che se riuscissimo a utilizzare l’AI in modo da rispettare i diritti di tutti, potrebbero coesistere. Ma credo che ci sarà sempre qualcuno da qualche parte che cercherà di sfruttare tutto questo, quindi non credo.

Sì, ci stavo pensando ultimamente, da quando ho visto molti artisti iniziare a usare l’intelligenza artificiale per creare musica; non sapevo cosa pensarne perché se fossimo in un sistema ideale, in un’utopia, la vedrei come una grande risorsa, ma siamo in un sistema capitalista, quindi…
Esattamente, sì. Se imparassimo tutti ad amarci l’un l’altro, allora sì, penso che andrebbe bene, ma ci sarà sempre qualcuno che vuole qualcosa.

Pensi invece che la musica abbia ancora il potere di trasmettere messaggi politici?
Lo spero. Credo che la tecnologia e l’elevata richiesta di consumo di musica, con TikTok e i suoni accelerati, stiano cancellando sempre di più la possibilità di comporre una canzone e di dedicarle ore perché poi sarà diffusa e usata per un mese su un hashtag, Questo, però, è un altro discorso. Spero che i musicisti possano essere dei fari di speranza per le persone e diffondere un messaggio, è per questo che faccio musica; e penso che ci siano persone che vogliono educare ed elevare con la loro musica. Ovviamente poi ci saranno sempre altre persone che vogliono fare soldi, attirare l’attenzione o la fama con la loro musica.

La tua musica è profondamente legata ai luoghi in cui hai vissuto. Come descriveresti l’impatto che questi luoghi hanno sulle tue opere?
Londra è un tale crogiolo di culture e ovviamente di musica… Puoi andare a East London e ascoltare una band punk, poi puoi andare a un rave a South London, e poi puoi andare al Carnevale di West London e ascoltare musica caraibica. Quindi mi sento come se Londra avesse avuto un impatto su questo EP, proprio per questo mix di generi; avere questa cultura trasversale ha davvero aiutato la mia musica. Sì, attingerò sempre alla musica da cui sono stato circondata e con cui sono cresciuta, e a ciò che significa per la comunità.

Cosa ti ispira al momento?
Così su due piedi, direi che sono davvero felice di poter uscire e farmi ispirare da nuove esperienze, come il tour mondiale di Beyoncé – che mi ha ispirata davvero tanto. Sento che c’è un cambiamento nell’aria e nel mondo, in cui tutti sono uniti e vivono di nuovo la musica dal vivo e i festival. C’è ancora del lavoro da fare, ma sembra che ci sia una buona atmosfera generale nell’aria, in cui tutti sono di nuovo insieme. Sembra che ci sia di nuovo speranza in giro. Credo che con il lockdown tutti non riuscissero a ragionare, ma ora che è arrivata l’estate la gente sta finalmente tornando alla normalità e sta uscendo di nuovo. L’atmosfera generale mi è di grande ispirazione e mi dà l’energia per uscire e anche solo vivermi il momento, vivermi questo 2023. Sì, al momento mi sento positiva e pronta a tutto, spero che le cose non cambino.

Delilah Holliday intervista
Credits: Amy Peskett

In “Heavens Waiting Room” canti “Thank you for the lessons / Thank you for the blessings / If you got a dream lets send it up / To heaven”. Una lezione che hai imparato durante la tua carriera musicale?
È un luogo comune, ma non bisogna arrendersi mai. Ci sono state tante volte in cui sono arrivata a chiedermi: “Perché lo sto facendo?”, mi sono scontrata con un muro di mattoni più volte, non sapevo perché dovessi continuare ad andare avanti. Proprio quando continui ad andare avanti in quel momento, però, succede sempre qualcosa di straordinario. Se non corri il rischio, non puoi aspettarti che le opportunità accadano e basta. Soprattutto nell’industria creativa poi non c’è molto sostegno, soprattutto in Gran Bretagna, e spesso hai la sensazione di essere abbandonato a te stesso, ma se continui a insistere prima o poi arrivi da qualche parte.

Il tuo precedente album “Collective Consciousness” era visivamente legato ai funghi. Come descriveresti invece “Invaluable Vol. 1”?
Fondamentalmente parla dell’austerità in Gran Bretagna, per questo ho preso molte influenze dalla strada. Abbiamo da poco avuto l’incoronazione, ma siamo in una crisi economica molto grave. Abbiamo più banche alimentari che mai e la Brexit non ha funzionato. Volevo parlare anche della mia storia d’origine, perché lo sfondo è la casa popolare in cui sono cresciuta per tutta la vita per 27 anni; volevo davvero puntare i riflettori su di essa ed essere orgogliosa del luogo da cui provengo, perché ho avuto molte insicurezze crescendo in un ambiente a basso reddito o in un ambiente artistico, dato che l’arte non sempre paga le bollette. Ovviamente, crescendo ho avuto alti e bassi, ho sperimentato entrambi i lati della medaglia. Si tratta quindi di essere orgogliosi delle proprie esperienze, della propria storia d’origine e del luogo da cui si proviene.

Qual è la canzone che sei più entusiasta di eseguire dal vivo?
“Burn money”, sicuramente. Mi piace molto. Adoro cantarla, credo che sia una delle mie preferite del primo EP.

L’EP si divide in due volumi, il primo in uscita il 7 luglio. Hai già idee su come sarà il secondo?
So come saranno le canzoni, ma non sono sicura di come la gente lo prenderà. È simile al primo EP, ma è più elettronico, direi. Nel primo c’è qualche ballata, come i miei lavori precedenti. La prossima parte dell’EP sarà un po’ più da rave e club, è un mondo che ho sempre voluto esplorare musicalmente.