Paura, angoscia, ansia: questi sono solo tre dei possibili effetti del doomscrolling, ovvero l’azione di scorrere compulsivamente le pagine di un sito, la bacheca di un social network e sim., alla ricerca di cattive notizie. Alla definizione offerta dall’Accademia della Crusca possiamo accostare una suggestiva osservazione del giornalista ed esperto di nuove tecnologie Brian X. Chen che, in un articolo per il “New York Times” citato da Wikipedia, ha paragonato l’atto in questione all’annegare lentamente dentro una specie di sabbie mobili emotive, abbuffandosi di notizie negative.

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Ed è proprio nelle sabbie mobili emotive che sembrano affondare gli irlandesi Naked Lungs, quattro giovani promesse del noise punk già celebrati dai tipi di BBC Radio, NME e persino dal noto critico musicale statunitense Anthony Fantano sul suo seguitissimo canale YouTube chiamato The Needle Drop.

Nelle dieci tracce di “Doomscroll”, il loro album di debutto prodotto da Daniel Fox dei Gilla Band, si respira l’aria pestilenziale che ammorba questi tempi cupi fatti di solitudine, alienazione tecnologica, iperconnessione, cyberdipendenze ed ecoansia. O, più semplicemente, di pessimismo estremo e paura di tutto e tutti.

Non filtra neppure un filo di luce nella musica oscura e pesante dei Naked Lungs, a modo loro eredi dell’energia degli Idles, dell’intensità dei Metz e della ferocia dei Chat Pile. Dall’incontro/scontro tra influenze moderne e antiche (si avvertono, come è normale che sia, echi dei maestri Jesus Lizard) nasce un sound estremamente potente, profondo e dinamico, nel quale è la chitarra elettrica a ritagliarsi il ruolo di protagonista.

Tra i feedback assordanti, le distorsioni lancinanti e i riff caotici prodotti dalle sei corde, ben supportate da una sezione ritmica a dir poco tellurica, si scorgono chiari richiami allo sludge metal, al post-hardcore, al post-rock, allo shoegaze, all’industrial e persino al grunge più melodico (in “The Garden”, probabilmente il brano più accessibile della raccolta).

Nei mondi digitali e tenebrosi di “Doomscroll” la tensione si taglia con il coltello. Non vi è neppure l’ombra della noia che contraddistingue l’atto dello scorrere senza freni il dito sullo schermo di uno smartphone. Il suono violento ma intelligente dei Naked Lungs è fatto di rabbia, eccitazione, odore di morte e incontrollabile voglia di vita.

La band irlandese prova a scrollarsi di dosso l’apatia della modernità – o meglio, di un gesto indifferente e deprimente come può essere quello del doomscrolling – con un album che è una pura esperienza catartica. Alla forza dirompente e liberatoria di “Gack”, “River (Down)”, “Relentless” e “Outcome”, così come al nervosismo meno drammatico e più ballabile di “Pressure” e “Database”, fa da contraltare il dolore rumoroso ma estremamente umano che impregna le commoventi “Second Song”, “Shell” e “Boo Boo”, veri e propri pugni allo stomaco.

Fa sempre piacere trovarsi al cospetto di nuove leve di belle speranze. C’è qualcosa di rivoluzionario nel noise punk possente e disperato che è alla base di “Doomscroll”? Non, per niente. Ma la prova dei Naked Lungs è così convincente, intensa e genuina da lasciarci presagire un futuro roseo per questi emeriti sconosciuti. Non che il presente sia da buttar via, per carità! Non capita tutti i giorni di sentire dischi del genere.