E’ di qualche mese fa un album che mi ha saputo rapire al primo ascolto, sorprendendomi oltremodo nel constatare che nonostante la matrice e i riferimenti più importanti guardino al folk-rock internazionale, dietro la sigla Ropes of Sand si celino in realtà due musicisti italiani, tra l’altro già con una buona esperienza accumulata sia in studio che dal vivo.

Credit: Francesco Ferretti

Paolo Grassi (clarinetto, percussioni e voci) e Luca Gambacorta (canto, chitarra, tastiere) affondano le proprie radici a Varese ma ben presto si sono smarcati dalla provincia e non solo, tenendo conto appunto quanto la loro proposta e di fatto il loro background artistico siano poco affini a scene nazionali (sempre che ne esistano ancora) e trend musicali del momento.

“Tonight” (pubblicato con la indie label Edison Box) è di fatto il primo full-lenght pubblicato sotto questa sigla, se escludiamo l’interessante mini-album “Lately” e il singolo uscito un anno fa in collaborazione con il cantante irlandese Adrian O’Connell.

Il disco si compone di dodici pezzi che concettualmente si legano fra loro, introdotti dal suggestivo strumentale “Dawn” (in cui rumori e suoni ambientali aleggiano in un contesto di stampo jazzistico) per confluire in conclusione nell’altrettanto evocativa “Dreamscape”, più lunga e dai toni cupi e solenni, in quella che sembra possedere tutti i crismi della raffinata suite.

E’ nel mentre però che emerge la sostanza, a iniziare dalla seconda traccia, quella che intitola la raccolta: “Tonight” è una lunare ballad che colpisce per la semplicità dei suoi lineari accordi di chitarra, cullando l’ascoltatore che viene dolcemente trasportato nel cuore del progetto.

Un progetto che, al di là di una compattezza di fondo, mette in evidenza una discreta gamma di variazioni sul tema, come si evince nell’incalzante e accorata “Long Long Time” o dalla languida “Nothing Like You” che, intessuta di cangianti fiati, ti sa catapultare indietro nel tempo, quasi fossimo negli anni settanta.

Certo, ci sono episodi più strettamente legati all’immaginario folk, mi viene in mente la cadenzata “Eastern Wind” (che mi viene da associare a qualcosa dei Leisure Society), ma i ragazzi in realtà mostrano una personalità ben definita nel riuscire a declinare la materia in altri ambiti, miscelando le diverse influenze, come capita in episodi assai riusciti quali “Life in the Street” che dopo un inizio bucolico si apre letteralmente spiccando il volo, oppure in “Song for a Dime” che accentua certe istanze psichedeliche.

Che dire poi di un brano come “Not You”, nel quale i due si divertono a sperimentare con un utilizzo efficace ma non invasivo dei sintetizzatori? Insomma, stiamo parlando di un lavoro assolutamente degno di nota.

Coadiuvati dal chitarrista Enrico Mangione (che ha pure registrato il disco) e dai musicisti Diego Marchetti (tromba) e Giovanni Franzetti (sax), i Ropes of Sand hanno realizzato un lavoro che merita di essere approfondito, ma prima di tutto oserei dire che deve necessariamente essere scoperto, perché purtroppo nella tanto frastagliata quanto liquida (e sovente aleatoria) discografia attuale, un gioiello simile rischia colpevolmente di rimanere sepolto quando invece dovrebbe emergere in maniera copiosa per irradiarci con la sua abbagliante bellezza.