Credit: Fabio Campetti

Due giorni di festival organizzato dall’etichetta bolognese Improved Sequence di Jonathan Clancy (apprezzato musicista, già capoclasse di Settlefish, A Classic Education e His Clancyness, prima del debutto solista di questi giorni, nonché label manager dietro Maple Death Records) e Gianluca Cerri (socio del Freakout club): si occupano di ristampare dischi seminali di altrettanti artisti importanti in ambito sperimentale e noise, quindi l’idea di organizzare una rassegna, per portare una line up di tutto rispetto in questa primissima edizione ospitata dal TPO, con una preview al Freakout ieri sera.

Arriviamo giusto in tempo per Lydia Lunch e la sua performance stralunata ed eccentrica insieme al sodale Ian White dei Gallon Drunk: i due allestiscono un set fuori dai canoni, una sorta di reading punk, con la declamazione della Lunch, accompagnata dal sostegno di un drumming imponente di White, con inserti kraut. Performance unica di per sé.

Si suona sul palco B, ricavato nella palestra di pugilato del TPO, che si rileverà, per altro, migliore del main stage a livello di resa sonora.

Secondo act in programma i Distorted Pony, noise rock dagli anni 80, sconfinato poi nei novanta e dopo una lunga pausa di quasi due lustri a cavallo del nuovo millennio, ripreso dal 2010, discografia che vede solo due album in studio sulla lunga distanza, “Punishment Room” e “Instant Winner” e una manciata di EP.

Attaccano subito dopo la Lunch, giusto dieci minuti di pausa, e s’immergono in un set infernale di rasoiate distorte, urla, drumming asfissiante per quarantacinque minuti di noise, quello viscerale e fatto come si deve, qualcuno direbbe: quello vero. La band di David Uskovich e Dora Jahr è stata un punto di riferimento per una certa scena e ancora oggi gode di veri estimatori.

Sul palco principale i suoni non sono impeccabili, ma ciò non impedisce loro di lasciare il segno.

Ancora 10 minuti di pausa scarsi per far riposare le orecchie stanche, che sul palco piccolo, partono gli Italia 90.

Loro fanno parte della nuova scena post-punk, sono giovanissimi e vengono da Londra, non hanno ancora avuto quella sorta di riconoscimento, già destinato, invece, a molti colleghi, che sono, giustamente, un punto di riferimento di questa nuova ondata di band d’oltre manica, che sta, per altro, regalando soddisfazioni.

Suonano 45 minuti in un set infuocato, senza fronzoli, proponendo quasi tutto il loro disco d’esordio, “Living Human Treasure“. Non ero ancora riuscito a vederli dal vivo, sebbene siano passati diverse volte in Italia, addirittura ancora prima di pubblicare il citato primo album. Più spigolosi dei colleghi, fanno un concerto energico e, devo dire, convincente, “Magdalene”, “Funny Bones” e “Harmony” su tutte.

Chiude la nostra serata, il concerto degli headliner di questo primo giorno, sul palco principale, gli americani Drab Majesty, alfieri di un revival dark wave, sono in Italia per una serie di concerti, per presentare il nuovo lavoro “An Object In Motion”, per altro disco che li porta anche fuori dal selciato fondamenta delle prime cose, bensì in un territorio più acustico e melodico, dalle parti del dream pop.

Sempre in due, anche nella dimensione live, suonano una cinquantina di minuti, dove tutto non è perfetto; su disco sono adorabili, dal vivo sembra che il combo non renda giustizia alla dimensione in studio, ragionevolmente molto meno puliti e più caotici, forse la resa sonora di per sé non è delle migliori, o semplicemente la scelta di non allargare la line up ad altri strumenti potrebbe esserne la causa.

Comunque sia tra luci psichedeliche, con le abituali parrucche bionde, e occhiali neri, portano le oscure atmosfere di una musica d’altri tempi al TPO.