Seguace della prima ora, fin dai tempi dei Whiskeytown (tra i migliori rappresentanti della corrente anni ’90 dell‘ “alternative country“), non ho mai smesso di ammirare il talento di Ryan Adams.

Una caratteristica però che mi ha sempre colpito in negativo, facendo sorgere diverse riserve sull’artista, è sempre stata l’eccessiva bulimia nelle uscite discografiche e una non proprio oculata gestione della propria carriera. A lui ho sempre perdonato molti album non proprio necessari e sfuocati, considerato che anche questi ultimi contenevano sempre alcune tracce ispirate .

Chi lo segue costantemente ricorderà che già nel 2010 non aveva resistito pubblicando in doppio cd una raccolta di outtakes accreditata a Ryan Adams & The Cardinals (“III-IV”), testimonianza della sua indifferenza a pure logiche di mercato e di un’urgenza nel voler pubblicare quasi ogni canzone partorita.

Questa tendenza non solo non è tramontata ma ha avuto uno sviluppo repentino se considerate che nel 2022, senza particolari annunci, ci ritrovammo con ben nuovi 4 album a suo nome. E’ notizia di fine anno scorso che Ryan replica quanto sopra e pubblica nuovamente una pletora di nuovi album e si supera arrivando a quota 5.

Del 2022 citiamo i titoli, inizialmente usciti solo in streaming e poi pubblicati a tiratura ovviamente limitata in vinile: “Chris”, “Romeo & Juliet”, “Fm”, “Devolver”, senza considerare la rilettura di “Nebraska” (Springsteen), “Blood on the Track” (Dylan), “Morning Glory” (Oasis), questi ultimi che non computiamo nel conto del numero di nuovi album, vuoi perché puro divertisment, vuoi per non incagliare ancora maggiormente questa serie di elenchi.

Non a caso ho utilizzato il termine “elenchi”, in quanto una serie di pubblicazioni così folta e densa rischia, intuitivamente, di far perdere interesse sull’uscita stessa dei lavori pubblicati.

Se già in passato era ritenuto un azzardo pubblicare due album separati (non quindi un doppio) contemporaneamente, è semplice capire come sia davvero rischioso e potenzialmente dannoso pubblicarne ben cinque. Al di là del numero cospicuo, non si può evitare di considerare che tali uscite multiple avvengono in un periodo storico caratterizzato da fattori che, elencandoli, bastano di per sé a far scaturire in voi tutte le considerazioni del caso nel dover giudicare l’opportunità di pubblicare con tali modalità ben 5 album.

Provo ad elencarne qualcuno, ovviamente da considerarsi come attuali fattori di tendenza e non come assoluti :

– predominanza dell’utilizzo dello streaming come modalità di ascolto;
– infinità di uscite discografiche ed estremo frastagliamento di generi e sottogeneri musicali;
– superamento del concetto di album;
– minor tempo dedicato all’ascolto ESCLUSIVO di musica;
– minor centralità della musica come forma d’arte (che sia realmente così?).

Ha forse senso recensire uno per uno questi album?

Non è forse scontato che, per quanto si possa accettare e rispettare l’urgenza espressiva dell’autore, si rischia di non considerare con la giusta attenzione il contenuto musicale, dovendosi trovare ad ascoltare e ponderare ben 5 album quasi simultaneamente?

I rischi connessi sono tautologici ma probabilmente non sfuggono all’autore che, presumo, abbia scientemente deciso di ignorarli nella convinzione che il detto “chi mi ama , mi segua” sia più forte del rischio di disaffezione od indifferenza da parte del pubblico.

Non siamo più nell’epoca, che lo si voglia o no, in cui le uscite discografiche potevano essere attese come un evento più o meno epocale o distintivo ma certamente, non ce ne voglia Ryan, la scelta reiterata di pubblicare album con tali modalità non penso faccia bene né ai suoi ascoltatori, né alla sua arte, né alla sua carriera.

Giungo quindi solo in conclusione, e già questo è un fatto inconsueto, a citare i titoli di questi 5 nuovi album ovvero: “1985″, “Heatwave”, “Star sign”, “Sword & Stone” e la riproposizione live del disco “Prisoners”.

Li avrò davvero ascoltati tutti, ed in caso affermativo, con la giusta attenzione e propensione?

Lasciando inevaso il quesito, posso però consigliarvi “Star Sign”, non solo perché ci restituisce ancora una volta il Ryan cantautore ma anche perché è ricco di canzoni che te lo fanno amare ancora una volta, nonostante tutto, boccio invece “Sword & Stone”, che pare il proseguo del pasticciato e frammentario doppio “III-IV”, che però era dichiaratamente una raccolta di outtakes, così come non raggiunge la sufficienza “1985″ , versione più punk e frettolosa del già non riuscito “Rock n Roll” del 2001 .

Infine, promosso il live, non male ma fondamentalmente inutile “Heatwave”.