Difficile dimenticarsi di quello spettacolo del Buena Vista Social Club nonostante siano passati dieci anni e poco più (per chi se lo fosse perso, lo scorso dicembre è finalmente stato edito il concerto del 1998 alla Carnegie Hall, una testimonianza meravigliosamente commovente e ricca).

Ora un collettivo di giovani ed ancora sconosciuti musicisti cubani, riunitosi sotto il nome di Revolution, ha deciso di provare un’operazione simile: affidarsi in fase di scrittura e produzione a star della musica dance internazionale e sfornare un album d’esordio che riesca a coniugare i ritmi dell’isola con un appeal piuttosto mainstream. I nomi coinvolti son spesso blasonati e non impiegano neppure troppa fatica a oscurare i titolari del progetto (che comunque non sbagliano una virgola nel loro ruolo di backing-band), tanto che in alcuni casi si ha l’impressione di trovarsi di fronte a una compilation: ovviamente quello che richiama più attenzione è Norman Cook, ovvero il sempre più decaduto Fatboy Slim. è proprio lui ad aprire le danze con “Shelter”, ben riuscito mix di fiati latini e cadenze hip-hop old-school (convincenti assai il rapping di Lateef The Truth Speaker); peccato che il secondo pezzo affidato al famoso producer e dj anglosassone, dal banale titolo “Siente Mi Ritmo”, non sia agli stessi livelli, pur offrendo un dub cubano abbastanza dignitoso.

Niente di memorabile invece esce dalle mani di Guy Sigworth (già  al lavoro con Bjork e Madonna), che, in entrambi pezzi affidati alla sua cura, incrocia broken-beat alla Bugz In The Attic con un sentire isolano decisamente scontato. Marius Devries (ricordate la bellissima “This Love” di Craig Armostrong? beh, la mano dietro il mixer era sua) azzecca una spettacolare “Yellow Moon” costruendo groove lirici e caldi intorno alla voce delicata di Roisin Murphy e fallisce miseramente invece una “Guantanamero” kitsch e prevedibile sin dal titolo.

Bravi nella loro accoppiata Cameron McNivey & Stan Kybert, che prima affogano i ritmi cubani in morfina trip-hop con “You Wouldn’t Want To Be” e poi offrono un battito distorto (quasi in levare) all’ottima voce di Jenna G in “Black Dollar”.
Rich File (già  collaboratore di James Lavelle nel progetto UNKLE) tira fuori dal cilindro quelle che forse sono le cose migliori dell’album (sentire per credere la meravigliosa, avvolgente, poetica “In Life” posta in conclusione): poca elettronica e molte rimembranze desertiche, uno spettacolo insomma, peccato che col resto del disco non abbia quasi nulla in comune (viene da chiedersi ma Cuba, qui e ora, dov’è?!).

Rimangono da commentare solo le tracce co-firmate da Poet Name Life e, se “14me” è una mezza porcata tra electro e r’n’b (proprio quello che ci si aspettava da colui che ha lanciato quel pacco clamoroso dei Black Eyed Peas), “Dark House” è esattamente ciò che promette il titolo: house caraibica, leggermente vintage, impreziosita dagli archi e dall’oscuro incedere.

Se cercate un seguito, magari underground, al Buena Vista Social Club, lasciate perdere quest’opera (che, vi annuncio, uscirà  in giugno); se invece siete appassionati di dance abbastanza raffinata questo è il disco che fa per voi: le cadute di tono ci sono e qualcuna pure grave, però il livello medio è buono e soprattutto con l’estate che avanza il mood è sicuramente quello giusto.

The Revolution Presents Revolution
[ Rapster– 2009 ]
Similar Artist: Basement Jaxx, Bugz In The Attic, Silicone Soul, Buena Vista Social Club, Bomb The Bass
Rating:
1. Shelter
2. Crazy Love
3. Cuba Moon
4. Yellow Moon
5. Siente Mi Ritmo
6. You Wouldn’t Want To Me
7. Lies
8. 14Me
9. Dark House Love
10. Guantanamero
11. Black Dollar
12. In Time