Ci sono momenti nella vita in cui il cuore ti sale in gola e ti chiedi perchè?
Un po’ come mi sentivo io mentre camminavo per via Zamboni, per arrivare in facoltà  a sostenere il mio primo esame.
Un po’ come mi sentivo io mentre mentre camminavo per i viali, per arrivare al Teatro dell’Antoniano a sostenere la mia prima intervista.
Se mi avessero detto qualche mese fa che il 20 Ottobre mi sarei trovato a porre domande ad Alan Sparhawk e Mimi Parker dei Low probabilmente avrei riso.

Invece è successo, e mentre mi dirigevo verso il luogo dell’intervista non ridevo per niente.
Insomma, parliamo di una band con una carriera ventennale, che ha appena rilasciato un ottimo “Ones and Sixes”.
Poi, come sempre, succede che arrivi e semplicemente trovi un mano che si tende ed una persona che ti chiede How are you? e aggiunge pure Do you want something to drink?
Io rispondo che sto bene che una Coca va bene, mi siedo e la aspetto.
E niente, in un attimo si passa dalla paura all’attesa di una Coca da Alan Sparhawk.
Lui arriva, me la passa.
Poi arriva anche Mimi e cominciamo a parlare.

Prima di tutto, vorrei complimentarmi con voi per il vostro ultimo album: è veramente brillante!
Sembra che abbiate voluto riprendere le vostre vecchie sonorità .

Alan: [Che per amor della snellezza d’ora in poi chiameremo A.] Grazie
Mimi:[Che per lo stesso motivo sintetizzeremo in M.] vecchie sonorità “…

Alan: Ah, sì! C’è qualcosa nel modo in cui suono la chitarra, che è sempre presente; così come la voce è sempre presente. Mentre per gli elementi di elettronica, forse “Drums & Guns” era un album dove erano più prevalenti, mentre i nostri primi due album sono molto tranquilli, lenti.

Quello che mi colpisce di questo album è la forza emotiva. Sono molto più interessato alle emozioni che stanno dietro la musica , rispetto all’aspetto tecnico: penso sia tutta una questione di sentimenti! E ho fatto una riflessione su questo, una riflessione molto lunga, perciò scusatemi!

[ridono]
[di me, credo.]

Siete cresciuti come band negli anni ’90, quando ci fu un’esplosione di grunge music. Ho ventitre anni, quindi non ho vissuto direttamente quel periodo, ma quando ero più piccolo, a dieci anni, ascoltavo solo grunge, quindi ne so qualcosa! Penso che la stampa musicale abbia segnato un confine fra voi e la musica grunge. Un confine che riguardava le sonorità , mentre penso che la più grande differenza riguardi i sentimenti: il grunge è urgenza, rabbia che connette con il pubblico tramite una forte empatia, quasi fisica e diretta. Il vostro minimalismo crea, invece, spazi vuoti in cui l’ascoltatore può sviluppare autonomamente i suoi sentimenti.

A: Lo scopo è sempre lo stesso, ci si dedica comunque a qualcosa di emozionale. Quindi imporre quegli spazi è proprio perchè l’ascoltatore venga con te. Non so, penso che il nostro sforzo sia ancora lo stesso, di raggiungere quei suoni, di creare quelle canzoni per cui la gente possa seguirti.

Mentre stavo ascoltando il vostro ultimo album, sono rimasto toccato dalla cupezza di alcune parole. Penso ci siano testi veramente oscuri e mi chiedevo perchè, soprattutto quando la musica, d’altra parte, è così luminosa.

A: Penso che per tutti, pensare alla vita e trovarsi faccia a faccia con domande come “chi siamo?” o “cosa stiamo a fare in questa vita?”, sia doloroso. Cioè la vita è una cosa meravigliosamente infernale e tutti si rendono conto del fatto che sia dolorosa.
M: E più cresci, più fai esperienza di perdite e di tragedie.

A: E devi avere la consapevolezza, quando scegli di vivere, che incontrerai queste tragedie. E parlarne, dal momento che sono cose che capitano, può essere utile. La musica è molto potente nel comunicare, è un mezzo per condividere. Non nel senso “ecco, questo è il mio fardello e te lo racconto, così lo dovrai sopportare anche tu”, ma nel senso che possiamo concentrarci su una situazione in cui tutti, ognuno alla sua maniera, ci siamo trovati. Puoi riconoscerla o negarla, ma questa è la vita. E ti accorgi come queste emozioni forti in realtà  ti colleghino con le altre persone.

Penso ci sia una sorta di aridità  anche nella copertina dell’album, con la neve bianca e quel ramo secco al centro. Ma l’art-work mi ricorda anche il vostro paese, il Minnesota e la vostra città , Duluth. Non che ci sia mai stato, ma conosco la città  grazie a Fargo, la serie. Presente?
A: Sì, a Duluth c’è la comunità  in cui io e Mimi viviamo, ma non siamo nati lì; ci siamo trasferiti a Duluth per il college. E guardiamo Fargo, grazie a Duluth!

Anche la vostra musica è molto evocativa dei vostri luoghi, una finestra aperta sul Minnesota, su Duluth. Vorrei sapere come la vostra città  vi abbia influenzato nella vostra musica.
A: I posti in cui si vive influenzano le persone, specialmente se sono “estremi” come l’oceano o come posti in cui ci sono talmente tante cose che è naturale esserne attraversati e influenzati. Al contrario, in posti isolati, dove ti senti come rifiutato dal resto della società , c’è un senso di sofferenza.

Mia cugina è stata un anno in Minnesota e tutti i suoi racconti, al ritorno, parlavano praticamente solo di neve.
A: Si, neve e freddo!
M: Però è divertente quando sei bambino!

Tornando alla musica, penso che sia incredibile la freschezza di questo album. E lo dico perchè suppongo che dopo vent’anni sia difficile essere “freschi”. Quindi mi sono chiesto e lo chiedo anche a voi, come abbiate fatto ad andare avanti con questa passione.
A: Siamo stati molto fortunati! Abbiamo sempre lavorato con persone con nuove idee, che sapevano vedere in avanti. Uno dei pericoli quando sei vecchio, se ti sei divertito a lungo, è che sembra ci sia un’innovazione tecnologica ogni anno. E’ facile, come musicista, arrivati a un certo punto, dire: questo è il mio modo di fare musica e mi ci aggrappo, con la tecnologia che invece continua ad avanzare. è difficile tenere il ritmo! Siamo abbastanza tradizionalisti, sai, con la chitarra “… usiamo ancora una formula “vecchia”. Però siamo consapevoli che c’è sempre qualcosa di nuovo. Per esempio, tu sei giovane, ma fra dieci anni, quando ti ritroverai a guardare indietro, dirai “dieci anni fa, non avrei mai creduto che sarebbe successo quello che sta succedendo ora in campo musicale”. E lo stesso pensa un musicista!
Quindi, cerchiamo di essere aggiornati sulle “cose moderne”, perchè dobbiamo sempre ricordarci che ci sono cose nuove, un nuovo orizzonte esiste e ogni volta che componiamo qualcosa, ci sforziamo affinchè sia sempre nuovo. è molto facile scivolare sull’ “ok, questo lo so fare”, ma così ti perdi quella finestra aperta, quella possibilità .

Bene. Allora, collegandomi a questa risposta: in vent’anni l’industria musicale è cambiata non poco. Prima era molto più materiale, mentre ora è tutto digitale. Ieri ho letto che Joanna Newsome ha parlato di Spotify come “la banana dell’industria musicale”.
A: La cosa?

La banana! Penso che sia una specie di insulto creativo. Sembra che a lei Spotify non piaccia proprio, non c’è nessuno dei suoi Album.
A: Forse non ha permesso che li caricassero. Alla fine, nessuno fa soldi con Spotify.

Ecco, appunto. Era questo il punto: volevo sapere come avete affrontato questo passaggio da un mondo materiale a uno digitale.
A: Siamo sopravvissuti! Facciamo concerti e tour. Prima, si guadagnava qualcosa dagli album e qualcosa dai concerti, mentre adesso quasi esclusivamente dai tour. Ma va bene così. è tramite i concerti che si stringe il rapporto con il pubblico e si diventa una famiglia! Poi, comunque, c’è ancora chi compra dischi per sostenere il proprio gruppo!

Però penso sia impossibile pensare di comprare tutta la musica che vorremmo ascoltare!
A: Assolutamente; non puoi! Ma infatti trovo giusto ascoltare musica gratuitamente online e supportare chi invece ti sta a cuore.

Mi vengono in mente i Beach House, che hanno rilasciato due album a brevissima distanza. Penso ci sia un collegamento con tutto ciò: alla fine, i musicisti non guadagnano troppo con gli album, ma con i tour, come avete detto. Quindi penso che due album in 50 giorni siano una sorta dichiarazione d’amore per i propri fan.
A: Forse i veri fan compreranno entrambi gli album! Comunque, anche io sono stato incuriosito da questa cosa e mi sono chiesto perchè! Evidentemente avevano un sacco di cose da dire!

Ormai la musica vive su internet, con i social network. Io scrivo per una webzine e non penso che avrei avuto la stessa possibilità  di scrivere, se non ci fosse stato internet. Quindi mi chiedevo come vi rapportate ai social network, come vivete questo tipo di comunicazione.
A: Twittiamo un po’. Dobbiamo farlo, perchè è diventato il modo più diretto e immediato per comunicare con la gente, che in questo modo sa cosa stai facendo. Ogni tanto anche Instagram, ma”…
M: Non siamo proprio i tipi da Instagram!

Avete parlato delle nuove frontiere musicali e dell’ispirazione che vi danno. Ma che tipo di musica ascoltate, quale artista seguite?
A: Vedi, noi siamo vecchi! Ascoltiamo un po’ di tutto, in realtà ; dipende molto dai momenti. Per esempio, puoi trovare il Reggae in tutto il mondo, eppure sta in un universo parallelo. Oppure la country music e il rock degli anni ’60 e ’70. Poi la musica in ogni caso evolve e tu cresci con lei.
M: Ascoltiamo parecchie novità , prendendole un po’ qua e là .

Non vi chiederò niente della vostra vita privata, come coppia, perchè ho letto parecchio e vi fanno sempre le stesse domande! Vi chiedo solo una cosa: considerereste i Low, come progetto, uno dei vostri figli? Dal punto di vista artistico, chiaramente! Perchè pensando ai bassisti, che sono sempre cambiati e forse non si sono mai sentiti al posto giusti, si vede che il gruppo è solamente vostro.
M: Non ci abbiamo mai pensato, in realtà !
A: Ci sono stati cambiamenti perchè ogni bassista è stato la persona giusta, al momento giusto. Poi, ci hai chiesto se vediamo Low come un figlio”…
M: Diciamo che è sicuramente parte della famiglia, anche se non è uno dei nostri ragazzi

[Imbarazzatissimo]Certamente! Non volevo assolutamente far intendere nulla del genere, spero si sia capito

[ridono entrambi]
A: Essendo un gruppo piccolo, sì, è come una famiglia, in cui ne abbiamo passate tante insieme.

Solo l’ultima domanda, forse stupida. Avete il tempo di visitare le città  in cui passate con il vostro tour?
A: A volte riusciamo a farci un giretto, ma spesso siamo in città  in cui c’è veramente tanto da vedere e pochissimo tempo.

Avete visitato Bologna? E’ Bellissima.
M: No! Siamo arrivati qui praticamente insieme a te e domattina dobbiamo partire molto presto, quindi dubito riusciremo a vedere qualcosa.
A: Ma ci siamo stati altre quattro volte e le prime due abbiamo visto qualcosa. Oggi penso vedremo solo il pubblico!

Ci salutiamo ed in un attimo sono fuori.
Attendo la sera e mi siedo in una poltroncina del Teatro per ascoltare il loro concerto.
Di nuovo, come in tante occasioni nella mia vita, vengo sopraffatto dalla carica emotiva della musica dal vivo.
Non solo quella però, ma anche qualcosa di più.
Mi chiedo come sia possibile che la persona che suona lì e mi ribalta, emotivamente, come un calzino, possa essere la stessa che qualche ora prima mi andava a prendere una Coca in un camerino.
Poi, niente, ci penso e mi accorgo che è semplicemente possibile perchè è una persona fatta di carne ed ossa che, come tale, fa cose grandiose e fa cose ordinarie.
Una persona che sa fare emozionare le persone.