Soulsavers capitolo due. Dopo aver pubblicato “Angels & Ghosts” insieme a Dave Gahan appena un mese fa, tornano alla ribalta con un album tutto strumentale e orchestrale ispirato ai film di Stanley Kubrick. Film che ultimamente sono diventati una specie di ossessione per Rich Machin, che ha iniziato a guardarli con l’entusiasmo di un convertito dell’ultima ora. Stregato, come tanti prima di lui, dall’estrema attenzione al dettaglio e da quel certosino perfezionismo che rendeva Kubrick un Maestro del cinema e un regista piuttosto difficile con cui avere a che fare. Tra perfezionisti ci si capisce deve aver pensato Machin ridacchiando. “Kubrick” è soprattutto una sua creatura, registrata negli stessi posti in cui ha trascinato un entusiasta Dave Gahan in libera uscita dai Depeche Mode. Otto tracce che ripercorrono in ordine sparso la filmografia dello Stanley più noto e amato, un personaggio alla volta. Provando a restituire le emozioni, le sensazioni vissute dallo spettatore seduto in un cinema vecchio stile quando le luci si spengono e la pellicola inizia a girare.
C’è “DeLarge”, sorta di marcia funebre con profusione di archi in technicolor dedicata all’Alex di “Arancia Meccanica”. C’è perfino una “Clay” dai toni molto noir che altro non è che un omaggio a quel ladro gentiluomo chiamato Johnny Clay che faceva bella mostra di sè “Rapina A Mano Armata”del 1956, terzo lungometraggio di un Kubrick ancora alle prime armi ma già regista talentuoso (chi ha visto il film capirà le ragioni della sirena che si sente negli ultimi secondi del pezzo). “Torrance” riporta in vita il tremendo killer di “Shining”e ascoltandola sembra quasi di vederlo, il folle Jack che nel finale non tagliato finiva congelato dalla tormenta di neve dopo aver inseguito Wendy in un crescendo di paura. E che dire del colonnello “Dax” di “Orizzonti di Gloria”, un vero inno contro l’insensatezza della guerra, ricordato in uno dei pezzi più commoventi del disco? Non poteva mancare, infatti non manca, un omaggio a “Full Metal Jacket” e al suo “Joker” ovvero l’insensatezza della guerra parte seconda. “2001 Odissea nello spazio” viene citato in un sobrio e delicato brano chiamato come il supercomputer Hal 9000. “Mandrake” è uscito dritto dritto da “Il Dottor Stranamore” ed è un pezzo di grande intensità che vive una vita propria.
Si chiude con una breve coda dedicata a “Ziegler”, milionario festaiolo stile Grande Gatsby destinato a incasinare le vite della coppia Bill / Alice Hartford di “Eyes Wide Shut”. Non volevano fare un disco perfetto ma sterile i Soulsavers. Cercavano un suono che ricordasse l’immediatezza degli album rock pur lavorando con musicisti d’impostazione classica, anche a costo di lasciar correre piccoli difetti. La splendida ossessione di Machin poteva essere un rischio invece dimostra che c’è splendida vita anche dopo il ciclone Dave Gahan. Un esperimento riuscito questo “Kubrick” che fa capire quanto i Soulsavers abbiano imparato lavorando insieme a Daniele Luppi, che per loro ha curato gli arrangiamenti degli archi di “The Light The Dead See” e “Angels & Ghosts”. Grazie a lui ora riescono a gestire stili diversi e strumenti diversi, a far convivere orchestrazioni complesse, elettronica, chitarre elettriche e acustiche. “Kubrick” potrebbe essere il degno successore di quel “Rome” che Luppi e Danger Mouse hanno realizzato nel 2011 e dimostra che i Soulsavers sanno creare atmosfere che nulla hanno da invidiare ai migliori Mogwai.