Dopo la ridda di Revivals cui abbiamo ahimè assistito, e sporadicamente preso parte, dalla Techno anni ’90 all’ Euro Pop, dal Post Punk al Brit Sound, eccoci ad una nuova emersione dagli abissi delle rimembranze.
O è un’ emersione al quadrato, trattandosi di revival di un revival??
Bah.
Forse perchè l’ estetica cosiddetta Lo – Fi non mi ha mai convinto più di tanto, neanche quando destava entusiastici scalpori nell’ era dorata pre-euro.
Tranne che per gruppi borderline come Oblivians, Gories, Jon Spencer Blues Explosion, Pussy Galore, Rip Offs e pochi altri sciamannati, ho sempre ritenuto stupido spendere soldi, e mica pochi, per dei dischi inascoltabili. Ovvero figli di registrazioni cessofoniche e produzioni al limite del grottesco e troppo troppo autoreferenziali, con le conseguenti tirature in vinile super limitate e a distribuzione elitaria.
Certo…non si può non notare la sottile linea rossa che unisce sotto un’ unica visione d’ insieme Monks, Sonics, Suicide, Jesus & Mary Chain e Dinosaur Jr…
E gli Intelligence sono bravissimi a vagliare il significato di questo background, cercando di tenersi sempre al limite esterno dei generi, senza lasciarsene permeare, anzi tenendo, da buoni figli di mignotta, i piedi in più scarpe.
Al loro quarto episodio discografico, infatti, i ragazzotti di Seattle sfornano un magistrale esempio di ironia musicale, coniugando passato e presente, rumorismi e finezze, allegria ed ombre incombenti.
Lo ammetto senza pudore alcuno: mi piace tantissimo questo fottuto compact disc, il cui primo ascolto onirico aveva stigmatizzato una stroncatura incipiente.
E invece no.
“Fake Surfers” merita ascolti ripetuti in giornate di afa sconvolgente, e sale nota dopo nota, come le prime erezioni da uomo maturo.
Il climax tematico è impressionante e sfocia , ad esempio, nella deriva sixties di “Universal Babysitter” e “Thank You God For Fixing The Tape Machine”, il mio segretissimo inno del mese, con quell’ effettino slide che manco Santo & Johnny resero cosi’ rozzo e perverso.
E proprio qua sta il nocciolo della questione: quando l’ inciucio sixties prevale su sbandate noise e lateralismi vari nel bilancio complessivo di questo lavoro, si ha il meglio del repertorio che gli Intelligence hanno da offrire alla platea.
Che dire per esempio di “Pony People”? Sarebbe perfetta come super hit in una riedizione attualizzata di “Animal House”, la perfetta frat song del 2009.
E di “Debt & ESP” sorta di ballad modernista o dell’ eccesso da tubo di scarico di “Moody Tower”?
Ripeto.
“Fake Surfers” è un disco torrido, coinvolgente, carico di chincaglierie luccicanti e fastidiose.
Ma è proprio per questa attitudine sfrenata al kitch, travestita da fighettismo intellettuale, che noi li stimiamo alla distanza senza particolari diffidenze.
E per “noi” intendo il sottoscritto con i genitori al seguito, che mi suggeriscono anche come episodi meno riusciti di questa torta nuziale, proprio la song omonima e “I Hear Depression”.
Niente di rotto comunque. Un’ altra comune giornata di ozio cerebrale nella Bassa Padana, solo macchiata qua e là da piccole nubi frastagliate.
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2. Moody Tower
3. Debt & ESP
4. St. Bartholemew
5. I Hear Depression
6. Warm Transfers
7. Fuck Eat Skull
8. Universal Babysitter
9. Thank You God For Fixing The Tape
10. Pony People
11. Singles Barg
12. The Unessential Cosmic Perspective