“A Weekend In The City” compie 10 anni ed io stento ancora a crederci, strabiliato una volta in più dall’inesorabile ticchettare del tempo sulle nostre vite.
Luoghi comuni a parte, questo secondo disco in studio firmato Bloc Party ha segnato una piccola epoca, ritagliandosi un posto d’onore sull’onda dell’electro-indie d’oltre Manica. Ha raccontato il disagio e l’insoddisfazione di una generazione, mossa dalla velocità incalzante della città e dalle sue insuperabili contraddizioni, alla ricerca (o forse no…) di un qualcosa di stabile e duraturo.
Ho un ricordo piuttosto nitido, degli ascolti in modalità repeat, di questo album. Ero al volante della mia auto, durante interminabili cavalcate lungo la A14, quando la mia sede universitaria era un semi-sconosciuto borgo medievale del teramano. Quando, a 20 anni e senza la più pallida idea di cosa fare della mia vita, percorrevo l’Italia con la speranza di venire a capo dei miei dubbi e delle mie perplessità .
Recensii il disco per un’altra pubblicazione, a pochi giorni dalla release ufficiale. “In cinque anni di lavoro, – scrivevo – Okereke e compagni di strada ne hanno fatta parecchia. Le folle sono al loro cospetto perchè, si sa, è la freschezza e la spontaneità ciò che ammalia i giovani fans. Applaudiamoli, dunque, perchè il loro impegno si distingue nella massa”. Ci avevo visto tanta novità , nonostante, a due anni dal brillante debutto “Silent Alarm”. Ci avevo sentito vibrazioni forse meno acide rispetto al predecessore, ma in linea con l’evoluzione artistica in corso per Kele Okereke e soci.
Le gemme incastonate in questo album sono parecchie. Dalla schizofrenia iniziale di “Song For Clay (Disappear Here)” alla spettacolare “Waiting For The 7:18” il passo è breve. Kele canta della solutudine, di paesaggi industriali ingrigiti dal tempo e di animi decadenti. Le chitarre e i riff di batteria fanno riflettere, a 10 anni di distanza, perchè colmi quell’inflessione guitar indie rock tipica dell’epoca. L’incedere del tempo cambia i connotati, si sa. “The Prayer”, invece, rimane più che attuale e non è invecchiata per niente. Lo dico con una punta di soddisfazione, da londinese acquisito: la sento ancora suonare a qualche serata in cui l’indie revival la fa da padrona. Ed è puro piacere.
C’è un disperato bisogno d’amore, tra le note delle 12 tracce di questo disco. Amore mai trovato o soltanto sfiorato che si intreccia con rapidi e casuali incontri. Magari nascosti tra la folla di “Kreuzberg” (il noto quartiere hipster di Berlino) o la malinconia di una Domenica mattina in cui al sapore amaro della notte si aggiunge quello di un solitario risveglio (“Sunday”).
Un pezzo al quale sono personalmente legato più di qualche altro è “On”. Kele canta: I am on / Switched on / A sudden clearness, a clarity / Hidden away, in every locked toilet / I’ve been waiting for you in the Joiners Arms / I know your name / I know your name / I’ve danced with you / We’re all friends here. Quel Joiners Arms menzionato dal frontman in questo brano ““ di rara bellezza, a parere di chi scrive ““ purtroppo non esiste più. Era un locale di Hackney, il primo posto in assoluto in cui, timidamente e senza lo straccio di un volto amico con cui parlare, mi sono avventurato nelle prime serate della mia nuova vita londinese. à‰ uno di quei luoghi custodito in un pezzetto del mio cuore e al quale ho sempre associato questa traccia, sentendola forse un po’ più mia, quasi fosse stata scritta anche per me.
“A Weekend In The City”, volgendo lo sguardo all’indietro, non raccolse quanto avrebbe in realtà meritato, una volta rilasciato ormai due lustri fa. Vuoi per un suono forse un po’ troppo posh per ragazzetti indie dell’epoca, vuoi per aver in qualche maniera cambiato marcia dopo le chimiche vibrazioni di “Silent Alarm”. à‰ certo che Bloc Party non saranno piຠgli stessi, negli anni a venire. Di là a poco, infatti, le frizioni interne e la dipartita del batterista Matt Tong provocheranno la dissoluzione di una band che rimane comunque iconica per la brillante produzione degli inizi.
Bloc Party ““ “A Weekend In The City”
Data di pubblicazione: 6 Febbraio 2007
Tracce: 12
Durata: 54 minuti
Etichetta: Vice Records
Produttore: Jacnkife Lee
Tracklist:
1. Song For Clay (Disappear Here)
2. Hunting For Witches
3. Waiting For The 7.18
4. The Prayer
5. Uniform
6. On
7. Where Is home
8. Kreuzberg
9. I Still Remember
10. Flux
11. Sunday
12. SRXT