Ten Fè, tradotto dallo spagnolo, significa “abbi fede”. E tutto suona quanto meno attuale, in tempi di incertezza e difficoltà , in cui immagini di sfacelo politico e umanità persa chissà dove vengono proposte senza soluzione di continutà da ogni parte. Che ne dite di un po’ di ottimismo, tanto per cambiare? Ben Moorhouse e Leo Duncan, Ten Fè, rispondono a questa necessità e lo fanno con un debut album di tutto rispetto, “Hit The Light”. Il primo mattoncino di una carriera che si preannuncia interessante, per una band che sembra avere molto da dire.
Andiamo con ordine, però, partendo col dire che Ten Fè sono, appunto, un duo londinese i cui primi singoli si erano imposti a cavallo tra 2015 e 2016 come una delle novità più interessanti nel panorama britannico. “Make Me Better”, ad esempio, è ciò che possiamo definire come un pezzo “sexy”, fatto di riff semplici semplici, spruzzate di chitarre indie ed il giusto dosaggio di synth a ravvivare l’ambiente. L’album è il risultato di quattro anni di duro lavoro, con la band impegnata anche al fianco di Ewan Pearson, presso il quartier generale di Kompact Records a Berlino. Si, proprio lui, l’uomo che ha contribuito a rendere grandi artisti del calibro di M83 oppure Jagwar Ma. “Hit The Light” vede dunque la… luce come un piccolo gioiello frutto della passione di due ragazzi. Due che, si legge in rete, hanno passato il tempo a fare busking attorno alle stazioni della tube di Londra, alla ricerca di quel contatto umano, di quella luce da vedere in fondo al tunnel.
Sono svariate le sfumature disseminate attorno alle 11 tracce dell’album. Se “Overflow” è un’intro piuttosto soft, “Turn” mi fa sobbalzare. Il riff iniziale mi ricorda tantissimo quello di “Lemon”, pezzone (mai sufficientemente apprezzato e celebrato, aggiungo io) degli U2 versione psych-pop in Zooropa (1993). Il tutto dura una manciata di secondi ma è sufficiente a conquistarmi. La creatività di Ten Fè trova quindi nuova linfa in singoloni quali “Elodie” oppure “Twist Your Arm”, mentre “Another Way” ha tutto per suonare come farebbe una ballata synth degli anni ’80.
Ben e Leo ci portano in viaggio sulla loro auto, avvicendandosi alla guida e correndo a diverse velocità , attraversando svariate sfere emotive. Le liriche, ancora, sono l’anello di congiunzione con quella ricerca della felicità che – una volta tanto – non è soltanto utopia. “Don’t Forget”, “Follow”, “Make Me Better” e “Burst” sono tutte le altre piccole perle lasciate qua e là , lungo il percorso.
“The dawn is opening / And we’re on our way again / And the road will open up, this isn’t how it ends”, cantano Ten Fè in “In The Air”. Eccola qui, la risposta che cercavamo. Non è cosà che deve finire. C’è tanto da fare, là fuori, ma tutto quel che ci viene chiesto è di rimboccarci le maniche e credere in un sogno. Avere fede, insomma, o… “ten fè”, se preferite.