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Vediamo se mi ricordo un po’ di chimica: prendiamo gli Archie Bronson Outfit, mettiamoli in testa ad una colonna cromatografica impaccata con vetro abrasivo (per gli scienziati: gel di silice), usiamo come eluente acido muriatico (per gli scienziati: acido cloridrico) e separiamo i componenti la miscela.
Lasciamo a casa il bassista Dor (aka Dorian Hobday, che aveva altro da fare) e teniamo Arp (aka Mark Cleveland) alla batteria e The Bishop–a volte The Cardinal–(aka Sam Windett) alla chitarra e voce (al vetriolo…): ecco isolati The Pyramids!

Scherzi a parte, i due, di ritorno e stanchi dal tour di “Derdang Derdang”, si vanno a rinfrescare nella campagna del Berkshire, montano nel granaio della fattoria di un amico uno studio di registrazione rudimentale (per gli standard odierni) con amplificatori e strumenti da un lato del locale e mixer a 16 tracce dall’altro, i microfoni appesi alle travi lassù. In capo ad un week-end, partendo dai testi, preparano i pezzi. Due vengono registrati nella prima settimana di lavoro, gli altri nella seconda settimana: ogni pezzo completo in due, tre takes, alcuni addirittura in una decina di minuti dopo averli preparati!.
Vero garage (anzi no, barn-) rock: ricerca dell’immediatezza totale, improvvisazione, istantaneità . Questo si erano prefissi, e capperi se ci sono riusciti!

Non contenti del sound sporco, duro, ossessivo degli ABO, The Pyramids sono ancora più scabri, abrasivi, essenziali, martellanti, talmente low-fi che mi chiedo a cosa gli siano servite tutte quelle (16) tracce… Windett ulula e contorce le parole alla ricerca del suono primordiale e chissenefrega se non capisco il suo inglese. Pura energia brada, è comunque sorprendente quanti riferimenti uno riesce a trovare (che so, certo krautrock e persino drones alla Velvet Underground di Venus in Furs nel penultimo brano, “Manitou”, uno schiacciassassi onirico e a suo modo assurdamente delicato). Chissà  se Arp e Bishop ne sono consapevoli!
La cosa divertente è che nel doomy gloom generale ci sono tre pezzi che alla fine tradiscono la loro voglia di spassarsela un sacco: “Festoons” è una specie di divertissement acido di manco un minuto e mezzo (ricorda, anche melodicamente, “All Together Now” dei Beatles, solo passato in un tritacarne…). Segue subito dopo “Guitar Star”, una calma meditazione per chitarra, saturazione e loops stile Fripp+Eno. “Empty Yourself” è proprio un country & western con coretti in stile e tutti a ballare sull’aia…
Il pezzo più bello? Se la battono “White Disc of Sun” e “Piblokoto”.

Molto, molto, molto bello.
Pare che se trovassero un terzo per accompagnarli potrebbero lanciarsi in un tour. Dove si comprano i biglietti?
Parrebbe pure–anzi no, è sicuro– che hanno in mente un altro album. Beati noi!

The Pyramids on Domino
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The Pyramids [ Domino – 2007 ] – BUY HERE
Similar Artist: Faust, Neu!, Cramps, Pere Ubu, The Monks
Rating:
1. Pyramidy
2. A White Disc Of Sun
3. Piblokoto
4. Hunch Your Body, Love Somebody
5. Festoons
6. Guitar Star
7. A Gala In The Harbour Of Your Heart
8. Empty Yourself
9. Manitou
10. Glue You