Ero proprio al telefono con Thurston Moore, parlavamo del più e del meno, dei suoi ultimi progetti musicali, di quanto gli sia piaciuto partecipare all’AMA Festival la scorsa estate, e alla fine mi fa: “Oh, hai sentito l’ultimo album dei Bully?Li voglio assolutamente in tour con me”. In quel momento preciso un suono modello “‘chitarra scordata/sega elettrica’ mi trapassò il cervello trasformandosi progressivamente in una delle cose forse più odiate al mondo: l’allarme della sveglia. Era ora di andare a lavorare, altro che Thuston Moore!(Magari).

Questo è successo probabilmente perchè è da un po’ di giorni che ascolto assiduamente l’ultimo lavoro dei Bully intitolato “Losing”, che mi ha portato indietro nel tempo fino ai primi anni ’90 quando, ancora teenager, spendevo tutti i soldi della paghetta (e dei pochi lavoretti occasionali) per comprare qualche disco interessante, compresi i lavori di ‘Thurston’ e soci.’

Un rock spettinato, essenziale, quello che ci viene proposto dai quattro statunitensi di Nashville capitanati dalla “‘frontwoman’ Alicia Bognanno , che oltre ad essere autrice e produttrice del nuovo album, ha direttamente curato anche registrazioni e mix. Insomma una “‘very talented young woman’ che ha avuto la fortuna di lavorare non in uno studio a caso, ma direttamente all’ Electrical Audio Studio di Steve Albini a Chicago. Se a tutto questo aggiungiamo anche il nome dell’etichetta del nuovo disco, e cioè Sub Pop, allora il quadro generale è completo.
Dodici brani per 37 minuti in un botta e risposta tra chitarre “‘fuzzettose’ che restano in secondo piano (sicuramente effetto voluto) rispetto alla linea vocale melodica e composta, ma anche al contempo graffiante, ruvida e rauca, che ricorda un po’ quella delle ribelli ed eccentriche Kim Shattuck e Brody Dalle. “Feel the Same”, “Kills to Be Resistant”, and “Focused” sono a mio avviso i brani dell’album da non lasciarsi scappare, essenziali dell’album. Anche la stessa “Hate and Control” dove la ritmica in quarti da “‘Charlie aperto’ fa da antipasto ad una linea melodica propria.
Molto particolare la commistione tra l’insieme di voci precise e armonizzate tra loro e l’arrangiamento generale scheletrico ma d’impatto, quest’ultimo studiato per far suonare distintamente le due parti di chitarra in un dialogo a volte al limite del dissonante, proprio come erano soliti fare i capostipiti del genere. Un contrasto intelligente che enfatizza il suono in generale dell’album, come nell’incontro tra un ingrediente dolce e uno salato.
I testi trasmettono una sincerità  fuori dal comune e creano un collegamento diretto tra l’ascoltatore e l’artista che in alcuni punti sembra abbandonarsi ad uno sfogo quasi tormentata dal rimorso, forse proprio per la rottura con il vecchio batterista della band (omonimo del famoso batterista dei Police) Stewart Copeland? Ad ogni modo la cantante ne esce a testa alta e le sue abilità  di ‘lyricist’ vengono ulteriormente confermate, forti sicuramente anche dall’esperienza maturata nei lavori precedenti.

I Bully confezionano un album brillante confermandosi una band particolare nel genere, capace di attirare l’attenzione anche dei più esigenti addetti ai lavori.

Photo: Angelina Castillo